Baghdad, 29 giu. (Apcom) – Le uniformi color sabbia – offerte
dalla Forza multinazionale – sono identiche, ma dal primo luglio
i residenti delle città irachene incontreranno per le strade solo
le forze di sicurezza locali: il 30 giugno infatti l’Iraq volta
pagina con l’inizio del ritiro delle truppe statunitensi dai
principali nuclei urbani, come previsto dall’accordo per la
sicurezza (Sofa).
Un “avvenimento gioioso” che il governo del premier Nouri al
Maliki ha deciso di festeggiare proclamando il 30 giugno un
giorno di vacanza in tutto il Paese. In realtà nelle città
resterà un piccolo numero di addestratori e consiglieri militari,
mentre il grosso delle truppe (130mila effettivi) verrà
trasferito nelle basi e nelle caserme fuori dai nuclei urbani: le
forze statunitensi potranno comunque intervenire nelle città su
specifica richiesta delle autorità irachene.
Autorità che si dichiarano assai fiduciose nelle capacità delle
forze irachene (750mila effettivi tra esercito e polizia) di
garantire la sicurezza anche nel convincimento che le milizie
ribelli intensificheranno il numero di attentati nel tentativo di
minare la fiducia dell’opinione pubblica nel governo, come
dimostrano i recenti attacchi avvenuti a Kirkuk, Nassiriyah o
Baghdad e costati la vita ad almeno 150 persone.
Nel complesso tuttavia il livello delle violenze è in netto calo
da un anno a questa parte e lo scorso maggio è stato il meno
sanguinoso dall’invasione del 2003 ad oggi: una calma che ha
convinto il governo iracheno ad autorizzare la rimozione delle
barriere protettive in cemento costruite nella capitale entro il
2010.
Di qui al 2011 – data del definitivo ritiro statunitense – le
forze americane, oltre all’addestramento, offriranno comunque un
forte sostegno logistico soprattutto in materia di trasporto
aereo, oltre alla consegna di 8.500 “humvees”; sotto
giurisdizione irachena passeranno inoltre gli undicimila detenuti
nelle due carceri militari statunitensi.
A gestire la coordinazione fra Baghdad e il comando militare
statunitense sarà un Comitato congiunto per le operazioni
militari, sotto l’autorità del Ministero degli Interni iracheno e
operativo dal 13 giugno scorso: come ha spiegato il portavoce del
Ministero, generale Abdel Karim Khalaf, la tattica sarà quella di
effettuare non più operazioni su vasta scala ma “rapide e mirate”.
Il passaggio dei poteri dovrebbe avvenire in tre fasi distinte:
prima il passaggio di consegne tra le forze statunitensi e
l’esercito iracheno; poi, la condivisione della responsabilità di
quest’ultimo con la polizia e infine, a regime, la polizia
assumerà l’intero onere delle operazioni. In un primo periodo
infatti il controllo delle città ritenute più a rischio – le
provincie sunnite di Al Anbar o Diyala, Mossul o Kirkuk – verrà
assunto anche dall’esercito, mentre nelle zone più calme saranno
solo le forze dell’ordine a pattugliare le strade.
Capitolo a parte merita il controllo dell frontiere, in
particolare quella con l’Iran: l’esercito iracheno ha creato 700
posti di controllo lungo 3.600 chilometri ma nonostante gli
ingenti sforzi di bilancio e di risorse umane il governo di
Baghdad potrebbe essere costretto a chiedere l’assistenza delle
forze statunitensi per evitare l’infiltrazione di gruppi armati.
Cep
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