“Je suis Anis”: Varese sta col pizzaiolo

Dopo il rogo di Biumo e i tre assalti alla vetrina, la città si mobilita per aiutare il ventisettenne cristiano. Il leghista Pinti: «Vittima di una persecuzione religiosa, la comunità musulmana condanni l’accaduto»

“Je suis Anis”: il Carroccio si schiera al fianco del giovane egiziano vittima di quella che sembrerebbe una persecuzione religiosa. «Daremo un contributo economico per la ricostruzione del locale – annuncia il segretario cittadino del Carroccio – Ci aspettiamo che i leader della comunità islamica condannino in modo fermo quanto accaduto».
Anis, 27 anni, è di fede cristiano copta ed è titolare della pizzeria Gabri di via Garibaldi, il locale dato alle fiamme alle 5 dell’altroieri. Qualcuno si è introdotto nella pizzeria e ha appiccato le fiamme ai tavolini lasciando poi divampare il rogo.

L’incendio è arrivato dopo altri tre attentati, con Anis che per tre volte si è ritrovato con la vetrina sfondata. Il ragazzo è convinto che a perseguitarlo, dopo che ha esposto il crocefisso nel locale, sia stato un gruppetto dichiaratosi musulmano che per quel crocefisso lo aveva insultato pesantemente.
Dopo l’incendio Biumo si è mobilitata:, coordinatrice dell’associazione A-Mici Randagi ha lanciato l’appello per una colletta in aiuto a Anis in modo che possa riaprire la sua pizzeria.

La Lega Nord aderirà con un contributo economico alla raccolta fondi per la ricostruzione della pizzeria gestita.
Tra le piste investigative sembra accreditarsi quella legata ad una ritorsione «da parte degli ambienti fondamentalisti islamici di Varese», spiega Pinti.
Per questo il segretario cittadino torna a sollecitare una presa di posizione da parte dei portavoce della comunità musulmana di Varese. «Ancora una volta – attacca – mi ritrovo a sollecitare una condanna pubblica e spontanea, da parte della moschea di Varese per questo gravissimo episodio che, qualunque siano le conclusioni a cui arriveranno gli inquirenti, ha fatto emergere il clima di intimidazione religiosa di cui è stato vittima il commerciante egiziano».
Pinti torna anche sulla questione Parigi, indicata dalla dichiarazione iniziale Je suis Anis.
«Ancora una volta – prosegue infatti il segretario – dopo i deliri di , che in una lettera datata 15 gennaio 2015, paragonava i guerriglieri dell’Isis ai partigiani italiani, e il lungo silenzio di Baroudi seguiti alla strage di Parigi, voglio ricordare ai portavoce della comunità islamica quanto sia fondamentale una loro sistematica, tempestiva, spontanea presa di posizione ogni volta che qualcuno usa l’islam come un’arma di intimidazione».
L’ipotesi dell’attentato con matrice religiosa, senza arrivare a parlare di fondamentalisti, è accreditata anche tra gli inquirenti.

Si ritiene credibile il giovane Anis che si dice perseguitato in quanto cristiano copto.
Le indagini della Digos della questura di Varese sono comunque ancora in corso, l’identificazione degli autori del rogo potrebbe essere questione di ore.
Pinti, in ogni caso, non risparmia nulla e torna a chiedere con forza che i leader della comunità islamica varesina prendano posizione e solleva anche qualche preoccupazione: «Diventa sempre più inquietante – conclude infatti il segretario cittadino del Carroccio – sottolineare come a Varese la comunità musulmana sia rappresentata da esponenti tanto loquaci quando si tratta di reclamare spazi e diritti, quanto reticenti quando si tratta di condannare le intimidazioni di matrice fondamentalista».