«La ditta di famiglia era al bivio: cederla? No»

Davide Galli, presidente di Confartigianato Varese, racconta la storia di un cuore gettato oltre l’ostacolo. «Mi piace mettermi in gioco, è questo che mi fa andare avanti. I problemi? Ci sono ma vanno affrontati»

– Alla fine dell’intervista alla domanda se artigiani si nasce o si diventa, non c’è risposta. Davide Galli, imprenditore oggi alla guida di Confartigianato Imprese Varese, artigiano lo è diventato.
Ma forse lo è anche nato. Perché non basta che in famiglia ci sia un’azienda da mandare avanti. È anche necessario che dietro ci sia quella “irrazionalità dell’artigiano” che ti fa gettare il cuore oltre l’ostacolo. La sua storia è anche quella di tanti altri imprenditori che, ieri come oggi, incarnano il manifatturiero ovvero il settore che secondo dati e statistiche sta prepotentemente tornando ad essere la locomotiva dell’economia.

Classe 1959, Davide Galli si è messo in tasca una laurea in ingegneria meccanica dettata dalla passione per la meccanica e, in particolare, per gli aerei che, nel nostro territorio, portano un nome in capo a tutti.
«Dopo la laurea – racconta – mi sono fermato un po’ in università come ricercatore per poi andare a lavorare in Aermacchi, al servizio di ingegneria industriale». Un’esperienza durata un anno e interrotta da una di quella domande che decidono una vita.
«La ditta fondata nel 1954 da mia madre e mio zio era a un bivio: andare avanti o essere ceduta. In quel momento per me è scattata la sfida che è stata dettata dalla passione. E mi sono buttato in questa avventura».
Così nel 1988 Davide Galli diventa amministratore delegato della Ellebi, minuteria metallica di precisione, impresa con i capannoni nel gallaratese, ovvero nel cuore della meccanica made in Varese. «Perché l’ho fatto? Certamente per passione e per nulla altro. Perché mi piace mettermi in gioco e questo è ancora ciò che mi spinge ad andare avanti dopo tanti anni».
Cosa ce lo fa capire? «Capita ancora che io acquisti un nuovo macchinario – dice – e vada a raccontarlo felice a casa a mia moglie che non sembra capire questo mio entusiasmo. Ma è proprio così: a volte prendo la decisione di petto, quasi in modo irrazionale. Questa per me è l’irrazionalità dell’artigiano, che non significa essere incoscienti o sprovveduti, ma avere la passione per andare avanti anche quando le condizioni non sono delle più favorevoli».
E così si torna a quella passione e a quella sfida di quasi trenta anni fa.

Alla fine degli anni Ottanta nelle aziende i cambiamenti non mancano: entrano tra le altre cose le macchine a controllo numerico e nuove tecnologie spingono il mutamento del modo di produrre. «In un certo senso – dice Galli – eravamo di fronte alla prima rivoluzione digitale e questo per me fu una sfida nella sfida». Ma la tecnologia è ancora oggi protagonista.

«Oggi – dice Galli –per un’impresa molto si gioca sulla velocità, sulla prototipazione, sulla capacità di rispondere alle richieste del cliente che sono sempre più specifiche e particolari». Eppure questa novità ha il sapore di antico: perché è anche un modo di operare che sta da sempre alla base dell’artigianato dove le imprese vivono di scambi informali e reti costruite sui rapporti personali.

«Per me come imprenditore – aggiunge Galli – è sempre stato normale parlare con i colleghi, scambiarsi idee, collaborare: questo per me è il significato del territorio. Solo un territorio di questo tipo può avere le carte in regola per presentarsi con i suoi prodotti sui mercati esteri». I giovani? sono il nostro futuro… Davide Galli è una figura che non passa inosservata per il suo portamento e anche per un’espressività positiva, che lui stesso traduce a parole.
«Non mi piace chi si piange addosso – dice – i problemi esistono, ma si affrontano». Ed il suo sguardo, che è anche quello di un padre, è tutto puntato in avanti: sui giovani e sulle loro capacità.
«Occorre continuare sulla strada di un forte legame con le scuole così come stiamo facendo come associazioni con i nostri progetti – dice – perché le nuove generazioni hanno tantissime capacità che noi non abbiamo e sono portatrici di innovazione. Vedo molti figli di colleghi artigiani che entrano in azienda e portano cambiamenti e novità».
Il suo messaggio finale? «Io – risponde – sono fiducioso e penso che davvero sia arrivato il momento di un cambio di mentalità che faccia riscoprire il manifatturiero con tutte le sue sfaccettature e con la voglia di innovare che da sempre lo contraddistingue».