La lezione del Parma è lezione di vita

L’editoriale di Max Lodi, pubblicato sul giornale di oggi

La storia del Parma – club ultimo nella classifica della A e fallito – che batte la Juve, primissima e quasi scudettata, non merita la riduzione a evento solo sportivo. È un episodio di valenza sociale, culturale, politica.

1) La valenza sociale. Parliamo per simboli, naturalmente. I poveracci che almeno una volta la fanno paradossalmente pagare ai ricchi, raccontano che il possibile non prevede limiti, perfino quando tutto (è il caso di dirlo) gli gioca contro, e sembrerebbe doversi imporre la rassegnazione. Invece, se c’è l’animo, se c’è il credo in se stessi, se c’è un soprassalto d’amor proprio, quello rubricato come miracolo diventa un episodio concretizzabile. Dunque, mai dire mai. Non indugiando, però, ad aspettare che una favolosa congiuntura astrale venga in soccorso della contigenza negativa. Dandosi, invece, da fare perché questo succeda. È giusto concedere alla fatalità il suo primato, come purtroppo ciascuno di noi sa bene; ma lo è altrettanto non negarsi la speranza di rovesciare un andamento all’apparenza dominato dall’inerzia. Non è sempre vero che quando gira male, non può che girar peggio. Se la conferma viene da una disciplina popolare come il calcio, l’effetto benefico nell’allontanare la disillusione (le disillusioni, nel loro vasto campionario) si moltiplica.

2) La valenza culturale. Si scende in campo solo per vincere o anche per fare bella figura? Spesso prevale la prima ispirazione, ma può succedere che si affermi la seconda. Nessuno pensa che siano ancora sostenibili le ragioni di De Coubertin (la partecipazione è l’optimum, e il resto conta zero). Ma che non avesse ogni torto, beh, bisogna ammetterlo (il risultato clamoroso di sabato scorso lo ammette) e bisogna rivalutare lo sport per quel che è: una competizione non

esclusivamente governata dagl’interessi finanziari, ma genuinamente informata dello spirito agonistico, della voglia di primeggiare, del desiderio d’essere più bravi degli avversari. Si riesce a dar tutto pur se in palio c’è niente. Di conseguenza, è da accettare qualunque verdetto (il Parma che batte la Juve con 57 punti di più in classifica) senza leggervi dietro spiegazioni faticate, fantasiose, assurde. E’ così che si costruisce, appunto, una cultura dello sport, e che si allontana l’italianissimo vezzo del sospetto, sempre e comunque.

3) La valenza politica. C’è la cattiva politica, e la conosciamo ogni giorno attraverso comportamenti riprovevoli. Ma c’è la buona politica, e ne riceviamo conto meno di frequente. La buona politica è governare persone e situazioni; umori e difficoltà; disagi ed emergenze. A Parma, nel momento drammatico (default gestionale, dipendenti senza stipendi, futuro a tinte nere) in pochi, decisi e generosi sono stati capaci di alzare una barriera protettiva davanti all’avanzare dell’onda disfattista. Han tenuto duro, sofferto, lavorato, non giudicando se stessi gli scarti d’un mondo intenzionato a non volerli più; e invece i protagonisti di un’impresa realizzabile che, se compiuta, li avrebbe valorizzati e restituiti a un rango economico, morale, sportivo di eccellenza. Mentre la partita sembrava perduta, l’accorta gestione politica della situazione l’ha vinta.

Oggi si chiacchiera di favola, di prodigio, di magia. Nulla del genere, in verità: stiamo assistendo al successo del realismo, della buona volontà, dello spirito positivo capace di superare qualunque ostacolo pur d’onorare il principio della dignità. Una bella lezione, esportabile dovunque.

E qui a Varese specialmente. Retrocedere, e magari di oltre una serie, è ormai inevitabile. In un modo piuttosto che in un altro, non lo è.