La mitica Smemoranda è fallita, nessuno rileva all’asta deserta i diritti del marchio

La Smemo, l'agenda cult che ha segnato soprattutto gli anni 90, a settembre potrebbe sparire dagli scaffali.

Per generazioni di studenti si tratta di un oggetto cult: il diario scolastico su cui annotare molto più che i compiti a casa o le pagine da studiare.

Eppure, l’agenda Smemoranda scomparirà, almeno per ora, dagli scaffali dei negozi. L’omonimo gruppo finanziario ha dichiarato fallimento nel marzo 2023 e l’asta, di alcuni giorni fa, per rilevare i diritti del marchio è andata deserta.

Le origini

 Fondata nel 1979 dal duo di scrittori Gino e Michele, l’agenda più famosa d’Italia è stata per anni un vero e proprio simbolo generazionale in grado si unire le battaglie del movimento studentesco con le voci di intellettuali, artisti e personaggi di riferimento dell’epoca. Al successo della Smemoranda hanno collaborato, tra gli altri, Claudio Bisio, Luciano Ligabue, Piero Pelù, Jovanotti e molti altri. Più che un semplice strumento di organizzazione dello studio, era uno spazio personale da riempire di adesivi e graffette per custodire pensieri, dediche, poesie, biglietti di concerti e cartoline, forse l’antesignano di tutti i social.

La crisi

 Ma dopo il clamoroso successo economico degli anni d’oro, il marchio contrassegnato dall’iconica mela ha subito una profonda crisi, soprattutto negli anni a cavallo della pandemia da Covid 19 e quindi, dell’avvento della didattica a distanza. Un declino inarrestabile dovuto, in parte, alla crisi della concorrenza ma soprattutto alla crisi delle cartolerie tradizionali in favore della grande distribuzione e dell’e-commerce, al dominio del digitale e all’introduzione dei diari d’istituto ormai obbligatori nelle scuole. Giochi preziosi aveva tentato il salvataggio prendendo in affitto per un anno il marchio Smemoranda e facendosi carico delle spese di produzione e distribuzione del diario, una soluzione che aveva permesso di guadagnare 12 mesi di tempo prima della disfatta. La mancata vendita all’asta dello storico marchio infatti, rappresenta, almeno per il momento, la fine di un’era.