Senza colpe sul gol, rischia grosso nel secondo quando tenta un dribbling di troppo, fuori dall’area, nei pressi della bandierina.
Quando il Varese gioca bene non lo noti. Quando gioca male scopri perché porta la fascia. Sceso in purgatorio ha promesso di riportarci in paradiso: gli crediamo.
Se ti dice no, è no: di lì non si passa. Leader immortale. «Mavi ti amiamo» pure noi.
Si fa scappare il primo gol dell’Ardor ma porta a casa un salvataggio favoloso.
Quando Melosi lo tira fuori dal campo è solo per dar spazio a qualcun altro. Anche se nessuno è come lui: «Razzolin in Nazionale».
Gioca bene, pur con qualche errore.
Incudine e martello: gli avversari possono solo scegliere da che parte farsi male.
Grazie a quel piede, ad ogni lancio, calcio d’angolo o punizione, gli avversari tremano e i tifosi del Varese godono.
Ci hai portati in D, e con un colpo di bacchetta magica e un 10 sulle spalle hai cancellato tutti i fantasmi per regalarci solo sogni.
Come i gol fatti in un solo girone, quello di ritorno: appena ha spazio, punisce. Lo tirano giù e lo scalciano ma è sempre pronto a girare il coltello nella piaga, soprattutto quando non te lo aspetti.
Il capo stende tutti. Puntero di razza con un solo valore: il mortale istinto per il gol.
Entra e scompiglia, come fosse fatto dello stesso vento che batte tremendo sul Franco Ossola, la difesa avversaria. Sulle fasce è il figlio di Eolo: imprendibile e sfuggente.
Dentro al posto di Azzolin, di cui va a ricoprire il ruolo. Ruolo che non è suo, e si vede. Ma ci mette tutta l’anima che ha.
Mette piede in campo lui e l’Ardor Lazzate capisce che la partita è finita.