Serve una scossa, per reagire alla sconfitta di Caronno, per non far scappare il Chieri, per dimostrare sul campo le qualità che questo rosa ha. E per inseguire l’obiettivo che la società ha in mente: tornare tra i professionisti. Un sogno che i tifosi condividono, seguendo ovunque la squadra, con amore, grinta, carica e passione. Per spiegare nel migliore dei modi cosa significhi vestire la maglia del Varese abbiamo chiesto un aiuto a Lele Bellorini, autentico e fedelissimo cuore biancorosso. Che crede nella società e nella rosa. E vuole vedere il Varese comportarsi da Varese.
Chi indossa questa divisa deve solo pensare alla sua gloriosa storia lunga 106 anni. Giocare nel Varese significa essere professionisti anche tra i dilettanti: e tornare tra i “grandi” è quello che il Franco Ossola e i suoi tifosi si meritano. In campo bisogna sempre dare il massimo, orgogliosi di essere stati scelti per vestirne la maglia. La società ha detto che questa rosa può giocarsi il campionato e qui metto un punto. Perché mi fido della società e quindi ci crederò fino alla fine: le aspettative sono alte. E tanto onore comporta altrettanti oneri: quando si gioca per il Varese bisogna dare sempre qualcosa in più del normale.
Mi dispiace, perché a Ramella voglio bene: lo ricordo da giocatore, è stato un grande bomber. Lo porterò sempre nel cuore. Ma la sua squadra ha fatto vedere dei problemi che, partita dopo partita, non sono stati risolti.
Questo lo può dire chi ha solo visto il risultato sul giornale il lunedì. Ma chi ha seguito tutte le partite ha visto che c’erano sempre gli stessi problemi. Trovare una giocata e poi difendersi all’inverosimile non poteva essere sufficiente, prima o poi i problemi sarebbero emersi. Ripeto, mi dispiace per Ramella: fosse rimasto 10 anni sarei stato felicissimo. Ma nel mondo del calcio c’è poco da meravigliarsi se viene cambiato un allenatore. Giudico da tifoso, per quello che vedo. E da tifoso mi fido della società.
Mi sembra che ora la squadra occupi meglio il campo: per esempio, ora, i nostri terzini sono più protetti. Non siamo più in balìa degli avversari, che hanno fatto molta più fatica ad attaccarci. E abbiamo anche cercato di imporci. A Caronno fino al primo gol abbiamo fatto la partita, senza ritmo esagerato ma tenendo il pallino. Poi quella maledetta ripartenza e il rigore ci hanno castigato. Ecco, non mi è piaciuto granché l’inizio di ripresa: mi aspettavo più rabbia e ardore agonistico per cercare di ribaltarla. Troppo compassati. Nel finale sì, ma forse era tardi.
Che qualche giocatore stia rendendo meno delle attese è un dato di fatto. Confermato, con sincerità, anche da loro stessi. Calzi è partito bene, ma si è un po’ perso. L’anno scorso abbiamo aspettato Gazo, perché ci hanno detto che sarebbe stato fondamentale per il futuro: crediamo in lui e per questo oggi, che è in difficoltà, deve reagire. E poi Giovio, che conosciamo. E non è questo. Ma tornerà, ci prenderà per mano e ci condurrà dove vuole arrivare. Dove vuole arrivare col Varese. Stanno lavorando duramente, ne verranno fuori: hanno le qualità tecniche e umane per farlo. Un momento di difficoltà, è normale e comprensibile: serve carattere per rispondere.
Ferri.Non si risparmia mai, va su per tutti gli angoli, sui calci piazzati, difende con coraggio, esce palla al piede caricandosi la squadra sulle spalle. Dà sempre qualcosa in più. Mi piace il suo spirito. È lo spirito da Varese.
Aspetto di vederli con soluzioni diverse. Hanno bisogno di tempo per crescere, diamoglielo. Pissardo sta già facendo bene, ci può stare alla grande. A Lercara e Zazzi manca un po’ di ritmo per questa categoria, che non dobbiamo dimenticare di aver cambiato. Ci sono squadre importanti, certo. Ma non quanto il Varese.
Di far rendere i suoi giocatori al 100%. Facendogli tirare fuori gli attributi, che hanno. Ognuno deve mettere in campo qualcosa in più quando indossa la maglia del Varese: deve farlo per la gloria di questa squadra, per i tifosi, per l’ambiente e la città. Dobbiamo tornare a far paura a chi ci sta di fronte: in queste categorie gli avversari devono tremare di fronte al Varese. Riportiamo il tutto allo stato naturale delle cose: noi siamo il Varese, dobbiamo imporre il nostro gioco, mettere alle corde gli avversari e dominarli. Con carattere e sacrificio. Poi si può anche perdere all’ultimo minuto per un contropiede. Ma voglio vedere un Varese devastante, che domina. Per ora non l’ho visto. Ma tornerà, ci sono tutte le qualità per farlo. Bisogna venire fuori da questo momento di difficoltà, tutti insieme: noi tifosi ci siamo. Chi gioca deve essere da Varese. Perché noi siamo il Varese. E dobbiamo fare il Varese.
Il campionato è lungo, c’è ancora tutto il tempo per ammazzarlo. Risolviamo i problemi e ce la faremo. Uniti. La storia, la nostra storia, ci chiama.