Napoli canta e spera: ieri, oggi, la band di Pino e l’emergenza Senese
Il 19 settembre 1981 resta scolpito nella memoria collettiva non solo come una grande notte musicale, ma come un evento che cambiò il modo di concepire i concerti in Italia. Piazza del Plebiscito straripò, 200 mila anime si raccolsero per ascoltare Pino Daniele e la sua storica band — una formazione che sarebbe diventata leggenda.
In quella serata epocale, accanto a Pino suonavano musicisti che avrebbero inciso con lui pagine indelebili: Tullio De Piscopo, Rino Zurzolo, Joe Amoruso, Tony Esposito, e James Senese al sax. Ognuno con la propria identità sonora, ma tutti al servizio di un progetto comune: far risuonare Napoli nel mondo.
Oggi, si guarda indietro con nostalgia, ricordando chi non c’è più e con un pensiero carico d’ansia per chi, invece, è ancora in vita e affronta un momento difficile.
Il peso del tempo e le assenze che parlano
Nei decenni che seguirono, alcuni membri della storica band ci hanno lasciato. Rino Zurzolo e Joe Amoruso, lo stesso Pino Daniele, non sono più con noi, ma le loro note continuano a vivere nelle canzoni che non invecchiano. Ogni volta che risuona “Terra mia” o “Quanno chiove”, sembra che un pezzo di loro riaffiori dagli altoparlanti, come una presenza che non si è mai spenta.
La nostalgia non è mera retorica: è memoria vivente. È percepire che in uno spartito, in una sequenza di accordi o in un assolo, c’è qualcosa che supera la soglia del tempo — un filo che ci lega al passato e ci spinge a guardare avanti.
L’oggi: James Senese in rianimazione, il cuore della città trema
Ed è proprio di oggi una notizia che scuote il mondo della musica napoletana e oltre: James Senese, ottantenne maestro del sax e voce del Neapolitan Power, è ricoverato in terapia intensiva al Cardarelli di Napoli per una polmonite severa.
Secondo i bollettini diffusi, l’infezione si è manifestata con rapidità e complicazioni. Le sue condizioni sono state definite serie, la prognosi riservata. L’anzianità e alcune patologie pregresse aggravano il quadro clinico.
La notizia ha provocato un’ondata di commozione: per chi conosce il suo ruolo nella musica, per chi lo ha visto suonare in epoche diverse, per chi lo considera simbolo della Napoli che lotta, resiste e celebra. Domenica sera del 19 settembre 1981: tra le decine di migliaia in piazza, James Senese non era solo un sassofonista — era una voce che gettava ponti tra generi, quartieri, generazioni.
Ora la città, i colleghi e i fan trattengono il fiato. Napoli spera che il suono del sax possa risuonare ancora.
Tra memoria, musica e speranza
La storia della band di Pino Daniele non è solo racconto di un passato ideale: è testimone viva di una cultura musicale che ha saputo fondere radici popolari con sperimentazione internazionale. Quei concerti, quegli sguardi, quei ritmi erano più di spettacoli: erano momenti identitari.
Oggi, mentre il mondo della musica osserva con apprensione il destino di uno dei suoi pilastri, ci ricordiamo che la vera eredità di quella band non è solo nei dischi venduti o negli applausi, ma nel modo in cui ha costruito un linguaggio collettivo. Un linguaggio fatto di cuori, di città, di assoli e di presenze che, anche se non ci sono più, parlano ancora.
Che il sax di James Senese trovi la forza di tornare a vivere, e che quella memoria condivisa continui a risuonare — nelle casse, nei vicoli, nei cuori.