Era il 22 dicembre 1956, sessantanove anni fa. Un Dakota DC-3 delle Linee Aeree Italiane (Lai), partito dall’aeroporto di Roma Ciampino e diretto a Malpensa, non arrivò mai a destinazione. L’aereo precipitò a 2.600 metri di quota sul monte Giner, in Val di Sole, in Trentino, causando la morte di tutti i passeggeri e dell’equipaggio: quattro membri a bordo e diciassette viaggiatori.
Una tragedia consumatasi a pochi giorni dal Natale, destinata a segnare profondamente la storia dell’aviazione civile italiana. Per cause che non verranno mai chiarite del tutto, il velivolo deviò la propria rotta di circa 150 chilometri, andando a schiantarsi in una zona dal nome amaramente simbolico: “Pale Perse”.
Le ricerche furono immediate ma rese estremamente difficili dalle condizioni meteo proibitive. Vennero mobilitati 150 uomini del Soccorso alpino del Trentino, insieme agli alpini dell’Esercito. Fu attivato anche il Centro di soccorso aereo militare di Milano Linate per l’impiego di un elicottero, ma il maltempo impedì ogni sorvolo. Solo alle 7 del mattino del 24 dicembre il relitto venne individuato sul monte Giner. Le operazioni di recupero furono rischiose e costarono il ferimento di sette soccorritori. I resti dell’aereo e le vittime furono raggiunti soltanto la mattina del 25 dicembre.
L’equipaggio era composto dal comandante Giorgio Gasperoni, dal secondo pilota Lamberto Tamburinelli, dal marconista Romano D’Amico e dall’hostess Maria Luisa Onorati. Tra i passeggeri figuravano anche Harris Gray, manager della Coca-Cola, e la moglie, provenienti dagli Stati Uniti. Su quel volo avrebbero dovuto salire anche personalità di primo piano come il principe Marcantonio Pacelli, nipote di papa Pio XII e presidente della Lai, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giuseppe Brusasca e il segretario della Cisl Giulio Pastore. Tutti decisero all’ultimo momento di restare a terra.
La Lai era stata fondata nel 1946, dopo la revoca del veto alleato alla ricostituzione dell’aviazione civile italiana, da un consorzio che comprendeva Transcontinental & Western Air, Fiat, Piaggio e la Società Italiana per le Strade Ferrate Meridionali. Gli aerei, spesso provenienti dalla flotta militare in disarmo, collegavano le principali città italiane, compresa Bolzano. Tuttavia la compagnia aveva già alle spalle una serie di incidenti, alcuni dei quali mortali.
Dopo la tragedia del monte Giner, la situazione precipitò. La Lai venne messa in liquidazione nel 1957 e confluì in Alitalia, che all’epoca ne subiva la concorrenza, soprattutto sulle rotte internazionali. Le indagini condotte dalla Procura di Trento si conclusero nel 1961 con un “non luogo a procedere”, lasciando aperti molti dubbi. Il quotidiano Alto Adige parlò di un «contrasto stridente» tra le conclusioni della magistratura e quelle della Commissione d’inchiesta del Ministero dei Trasporti. Anche il giornale La Giustizia sollevò pesanti critiche, sottolineando come la frequenza degli incidenti Lai fosse anomala rispetto alla media delle altre compagnie e denunciando problemi organizzativi, dissidi interni e una formazione dei piloti ritenuta insufficiente.
Oggi quella tragedia non è dimenticata. A Ossana, durante il periodo natalizio, l’Associazione Borgo Antico espone decine di presepi, uno dei quali è dedicato proprio al disastro del DC-3. L’opera, realizzata anche grazie all’ex sindaco Luciano Dell’Eva, è accompagnata da una voce registrata che ricorda le ultime ore del volo: «Sull’Italia spirava un vento gelido e il maltempo ostacolava l’attività di tutti gli aeroporti. Dopo un avvio relativamente tranquillo, il volo denunciò pesanti formazioni di ghiaccio. Fu l’inizio della tragedia».
Un ricordo silenzioso, ma ancora vivo, di una pagina drammatica della storia italiana.













