La vita da prof precaria «In aula con la chemio»

VARESE Andare in classe a insegnare anche durante la chemioterapia: se sei un precario della scuola è necessario, per non essere penalizzati l’anno successivo e riuscire a lavorare anche quando il cancro è stato sconfitto. È la storia di Gabriella Zonno, insegnante precaria di discipline economiche e giuridiche, che tra il 2010 e il 2011 ha sconfitto il cancro al seno, senza mai concedersi un giorno di riposo. Una vita da precario della scuola, come i centocinquanta che ieri mattina, per l’ultima volta nel 2012, si sono riuniti nell’aula magna della Vidoletti per spartirsi i quaranta posti rimasti, tra cattedre e spezzoni.«La mia è stata una scelta obbligata – racconta – perché se fai troppe assenze per malattia, l’anno dopo nessuno si chiede perché, semplicemente non vieni più chiamata. E io non posso permettermi di non lavorare. Così mi sono assentata dal lavoro solo i giorni dei ricoveri per la chemio, tornando a scuola l’indomani». La storia di Gabriella è drammatica, ma rappresenta la vita che i lavoratori precari, anche nella scuola, devono affrontare.I posti distribuiti alla Vidoletti sono spesso una conferma: come per Laura Bono, insegnante di discipline pittoriche.

«Ho avuto la conferma fino a giugno della cattedra che sto occupando su mandato del preside. Ma non a tutti è andata così». Come ad Alessandro Persico, prof di diritto ed economia, che si dividerà tra Busto Arsizio e Luino. Peggio a Stefania Rinaldi: nessuna cattedra l’aspetta quest’anno, nemmeno poche ore. «Non mi resta che augurare la maternità a qualche collega, così che io venga chiamata a sostituirla. Perché, nonostante la vita da precaria ti faccia venire certe idee, augurare del male pur di ottenere un posto di lavoro non è giusto».Gabriella Zonno con il suo male ci ha combattuto da dietro la cattedra: «Amo insegnare, altrimenti non ce l’avrei fatta. Ma quando, pur di non perdere il posto, devi chiedere ai chirurghi di operarti ad agosto per non fare troppe assenze, allora capisci il vero problema del precariato». Perché saltare troppi giorni potrebbe farti giudicare non affidabile l’anno successivo, riducendo le tue possibilità di lavoro. «Anche per questo sono impegnata nel volontariato e nella politica: faccio la mia parte per cambiare le cose, perché questa vita ti fa ammalare. E io, tra i colleghi, non sono l’unica».

s.bartolini

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