Lavoro domestico in calo a Milano: dopo il boom post-Covid torna il rischio irregolarità

Il rischio è che la crisi economica e l’assenza di nuovi interventi di regolarizzazione possano favorire nuovamente il ritorno a forme di impiego informale (foto d'archivio)

MILANO – A Milano il settore del lavoro domestico mostra segnali di rallentamento dopo il picco registrato durante e subito dopo la pandemia. È quanto emerge dall’analisi dell’associazione Nuova Collaborazione, basata su dati INPS, che fotografa un comparto in flessione dopo anni di crescita.

Tra il 2014 e il 2018 il numero di colf e badanti regolarmente impiegati nel capoluogo lombardo si era mantenuto stabile, attorno agli 81.000. La vera svolta è arrivata nel biennio 2019-2020, quando la pandemia ha spinto molte famiglie a regolarizzare lavoratori fino ad allora sommersi, facendo salire i numeri oltre quota 93.000. Tuttavia, il boom si è rivelato temporaneo: nel 2023 il totale è sceso a 82.142, un valore tornato praticamente ai livelli pre-Covid, segno che il fenomeno del lavoro irregolare potrebbe tornare a crescere.

La situazione milanese rispecchia un trend nazionale. Nel 2024, i lavoratori domestici iscritti all’INPS in Italia sono stati 817.403, con un calo del 2,7% rispetto all’anno precedente. Sebbene la contrazione sia meno marcata rispetto ai cali del 2022 e 2023, conferma una tendenza negativa che segue le regolarizzazioni straordinarie introdotte con il Decreto Rilancio nel 2020. Dinamiche simili si erano già osservate dopo le sanatorie del 2009 e del 2012.

La Lombardia si mantiene comunque in testa tra le regioni italiane, con 158.378 lavoratori domestici regolari nel 2024. Di questi, quasi il 90% sono donne: 139.666, pari all’88,2%. Anche a livello nazionale, la componente femminile resta preponderante, con 726.589 donne su un totale di 817.403 lavoratori (88,9%), una quota mai così alta negli ultimi sei anni. A calare maggiormente, invece, sono gli uomini, scesi a meno di 91.000 unità, con un calo del 7% in un anno.

Il rischio è che la crisi economica e l’assenza di nuovi interventi di regolarizzazione possano favorire nuovamente il ritorno a forme di impiego informale.