Le buone maniere dimenticate dai varesini

D’accordo c’è crisi, le cose vanno di male in peggio però bisogna ammettere che, ancora e sempre, Milan l’è un gran Milan. L’altro giorno nella metropoli lombarda, chiedendo ad un distinto signore dove si trovasse una certa via mi sono sentita rispondere con un gioioso e simpatico «ben arrivata sciura l’è chi». Un’ora dopo, tornando sui miei passi, vedo un capannello di gente fermo sul marciapiede. Mi avvicino e scorgo una signora seduta per terra con una bacinella d’acqua davanti. Si sarà sentita male, dico fra me e me. Nulla del genere, la vittima non era lei bensì un anatroccolo atterrato in viale Papiniano chissà da dove, forse dai Navigli, e le signore milanesi lo stavano riconfortando in attesa che l’Enpa venisse a recuperarlo. Curiose scenette urbane che fanno parte di un tessuto cittadino che si tiene unito. Viene da sé dunque chiedersi per quale ragione a Varese non si percepisca questo sentimento di unione fra la cittadinanza. Forse perché le nostre celtiche radici non combaciano con quella vena austro-ungarica che ha contaminato i milanesi, forse perchè

da decenni abbiamo seguito il tanto proclamato celodurismo, fatto si è che è arduo trovare nelle vie varesine degli atteggiamenti friendly e spontanei. Siamo ruvidi, poco inclini alla lode o al complimento, soprattutto se questo è meritato. Complesso di superiorità o, al contrario, di un ben simulato senso d’inadeguatezza? Un dilemma che da anni cerco di risolvere. Siamo i nordici del Paese, ovviamente, ma ciò non significa che si debba per forza trasmettere un’immagine raggelante. Un’attitudine che faremmo meglio a cambiare, anche perché non combacia con l’ambiente che ci è proprio: abbiamo il privilegio di vivere in una città meravigliosa, incastonata fra laghi e Prealpi. Purtroppo, la dolcezza del paesaggio non pare aver influenzato questo nostro carattere alquanto austero e poco incline a familiarizzare ma che forse così non fu secoli addietro. Fra gli illustri stranieri che potevano permettersi di compiere “le grand tour” lo scrittore Maurice Barrès scrisse che “i laghi di Como e di Varese sono ideali per coloro che non vogliono affrontare la durezza della vita”. Un’affermazione che varrebbe la pena di valutare.