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Le colpe di Lupi e quei sistemi duri a morire

Lupi si è dimesso vestendo, a Porta a porta, i panni della vittima. Certo nell’ambito della sua classe non è più colpevole di tanti altri. Perchè lui si ed altri no, in fondo ha fatto le stesse cose che i parassiti ritengono loro diritto fare, ed infatti con aria stralunata dice: «Ma cosa ho fatto? Mica non ho pagato i contributi ad una domestica, cosa che ha provocato le dimissioni di un ministro inglese».

È l’esempio vivente della crisi del paese provocata da tanti “lupi’’, circa due milioni, che con i loro atti “innocenti” creano un danno di 100 miliardi ogni anno e si accaparrano privilegi senza rendersene conto. Ai parassiti incoscienti preferiamo “ladri coscienti”. Almeno si confrontano con la loro coscienza, fanno meno danno.

Francesco Degni

Tecnicamente (1), c’è un fondo di verità: se quattro sottosegretari sono inquisiti e restano al loro posto, diventa non comprensibilissimo che un ministro non indagato lasci il suo. Politicamente (2), Lupi aveva perso credibilità ed era impossibilitato a riacquistarla. Il governo ne avrebbe sofferto, le dimissioni erano inevitabili. Legislativamente (3), la cosa da fare è rivedere le norme che regolano gli appalti: lì sta il nodo da sciogliere. Verrebbe da dire: o adesso o mai. Storicamente (4) esiste un trend di consuetudine nominalistica da invertire: non ci possono essere, di legislatura in legislatura, gli stessi funzionari in posti-chiave per l’assegnazione delle opere, grandi e non grandi. Il cambiamento (la rottamazione) consiste anche in questo. Non per sfiducia verso le persone, ma per fiducia verso l’alternanza. Più ci si avvicenda e meno si rischia di sbagliare. Se poi si tratta, che ne dite?, solo di sbagli.