Le emozioni che ti portano al benessere

L’alfabeto emotivo. Ovvero la capacità di leggere le emozioni, riconoscerle e denominarle. Quando lo apprendiamo? Quando ci rendiamo conto che ci manca o che ci servono gli occhiali per distinguere le lettere e comprendere così le nostre frasi interiori? All’università, durante un seminario, ci avevano spiegato la funzione alfa, che per semplicità può essere spiegata come la specifica funzione materna di restituire in termini accettabili situazioni emotivamente preoccupanti per il proprio figlio.

Per fare un esempio, quando un bambino piccolo ha mal di gola, piange e si spaventa perché non capisce cosa gli stia accadendo, sente solo che nel suo sistema interno (nel quale riconosce di fatto solo due possibili modalità di stare, bene o male) qualcosa non funziona. È la madre che prende su di sé tutto il malessere del bambino, verbalizza (dà un nome, spiega) quel che sta accadendo e rassicura il figlio mostrando di non spaventarsi anche lei e di avere strumenti per alleviare lo stato di dolore.

La mamma insomma prende le emozioni grezze e le restituisce in forma adeguata al figlio, che si sentirà così contenuto e rassicurato. Il bambino imparerà quindi, la prossima volta che sentirà quello stesso dolore, ad autoverbalizzare il suo stato di malessere e quindi a utilizzare le risorse apprese dalla figura materna per far fronte al disagio, anche emotivo, che prova. Possiamo immaginare che al posto del mal di gola

ci siano gioia, tristezza, paura? Si, possiamo. Ora, se un figlio viene sgridato perché sta male, o gli vengono date medicine senza cure affettuose, o lo stato d’allarme della madre è sproporzionato all’ evento, cosa imparerà il bambino? Che la sua paura è sbagliata, che non ci può affidare a un altro per sentirsi contenuti e compresi, che il mal di gola fa paura e terrorizza.

Questo vale per ogni emozione. Se non siamo in grado di distinguere e leggere le nostre emozioni interne da adulti, come possono guidarci verso la riconquista di uno stato interiore di benessere? Perché, per quanto spiacevoli possano essere, le emozioni tendono a questo e seguirle ci porta a stare meglio. A volte, anche se lo possediamo, l’alfabeto emotivo va in tilt, c’è troppa confusione per leggere, ed è in quei momenti che non possiamo far altro che fermarci, e chiedere occhiali in prestito.

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