Lega (viva grazie a Vannacci) ad un bivio: autonomia o sovranismo? L’ambiguità non paga

Matteo Salvini, dopo le 500mila preferenze di Vannacci, si trova di fronte ad un bivio: tornare alla storica battaglia autonomista o imboccare senza indugi ed ambiguità la strada del sovranismo, cavalcando la tigre fino in fondo.

Matteo Salvini tira un sospiro di sollievo: l’obiettivo prefissato prima delle Europee, ovvero superare i risultati delle Politiche, è stato raggiunto nonostante le sfide interne e le tensioni politiche. Per raggiungere questo traguardo, Salvini ha fatto ricorso a toni esagerati durante la campagna elettorale, attaccando Emmanuel Macron, il presidente Sergio Mattarella e persino gli alleati di governo. Tuttavia, con l’esito elettorale positivo, Salvini si è presentato in conferenza stampa con un atteggiamento più istituzionale.

Dopo settimane di critiche feroci a Macron, Salvini ha commentato in modo pacato i risultati in Francia, affermando che “ora la pace è più forte”. Anche nei confronti degli alleati del centrodestra, Salvini ha adottato un tono conciliatorio, dicendo: “Lavoro per un centrodestra unito anche in Europa, ma se qualcuno sceglie l’alleanza con socialisti e Macron, sarà libero di farlo, non ho poteri coercitivi”. Per quanto riguarda il governo, ha dichiarato che “è l’unico in Europa che si rafforza in tutte le sue componenti, il che significa che stiamo lavorando bene”.

Salvini ha deciso di non affrontare la questione dell’ingresso di Luca Zaia, affermando che “la questione per me non è all’ordine del giorno”. Tuttavia, ha lanciato critiche interne al partito, indirizzandole soprattutto a Giancarlo Giorgetti e Umberto Bossi. Già durante la notte delle elezioni, quando le proiezioni indicavano una tenuta della Lega, Salvini ha dichiarato: “L’Italia ha bisogno di un governo solido, se qualcuno non ha voglia non siamo una caserma”, in quello che è stato interpretato come un messaggio diretto a Giorgetti.

Bossi traditore, lo sgarbo avrà conseguenze?

Durante la conferenza stampa del mattino, Salvini ha attaccato frontalmente Umberto Bossi, affermando che chiunque voti per un altro partito manca di rispetto all’intera comunità. Ha aggiunto che avrebbe chiesto ai militanti come comportarsi con il fondatore del partito, anche se Bossi non possiede neanche la tessera della Lega per Salvini. Questo segna un cambiamento significativo nel rapporto di Salvini con il fondatore, evidenziando la ritrovata fiducia nel controllo del partito.

Zaia e Fedriga non ci hanno messo la faccia

Salvini ha poi rivolto messaggi anche a Luca Zaia, elogiando gli amministratori del Pd che si sono impegnati nelle Europee, cosa che, secondo lui, non è avvenuta nella Lega nonostante le sue richieste. Ha sottolineato il successo di Roberto Vannacci, soprattutto in Lombardia e Veneto, come prova dell’approvazione della base leghista alla sua linea politica. Ha anche evidenziato i buoni risultati della Lega al Sud, suggerendo che la “Lega nazionale” è il futuro e che è necessario riflettere su come il partito opera nei territori dove governa da anni.

Convinto che la sua linea sovranista abbia arrestato la spirale negativa del partito, Salvini è determinato a proseguire su questa strada, affiancandosi a Marine Le Pen e preparando il terreno per il congresso nazionale in autunno, dove intende confermare la sua leadership. Con eventuali avversari non all’orizzonte, Salvini si presenta con rinnovata fiducia, mentre figure come Giancarlo Giorgetti e Massimiliano Fedriga restano in silenzio, e solo Zaia esprime la sua visione per una Lega più identitaria e europeista.

Lega viva grazie a Vannacci

Senza i 532 mila voti del candidato Roberto Vannacci, la Lega avrebbe potuto scendere al 6,7% dei consensi dai 2,1 milioni di voti attuali, pari al 9%. In tal caso, Matteo Salvini avrebbe probabilmente dovuto lasciare la guida del partito. Invece, nella conferenza post-voto dalla sede di via Bellerio a Milano, Salvini ha difeso le sue scelte e rilanciato la sua segreteria: “Quando ho candidato Vannacci dicevano che ero un fesso e che la base si sarebbe rivoltata. Ma questo mezzo milione di voti, che arrivano in buona parte da Lombardia e Veneto, arrivano dall’elettorato della Lega e non solo. Io gli ho dato la mia preferenza, ha una visione del mondo in buona parte vicina alla mia”.

L’obiettivo di Salvini era salvare se stesso, e per ora ci riesce. Ma a che prezzo? Ignorando la retorica di Vannacci, la Lega ha comunque perso voti rispetto alle politiche precedenti, scendendo dall’8,8% al 9% e perdendo 380 mila elettori rispetto al 2022. Attribuendo a Vannacci una parte delle sue preferenze, queste europee rappresentano un mezzo disastro per l’ex partito del Nord. Molti elettori di Fratelli d’Italia avevano considerato il generale, quindi è probabile che senza Vannacci quei voti sarebbero rimasti a Meloni. Alcuni nella Lega parlano già di “eccessiva rincorsa dell’estrema destra”, invitando alla riflessione.

La situazione è ancora più complessa nelle grandi circoscrizioni del Nord. Nel Nord Occidentale, Vannacci ha ottenuto 186 mila preferenze, mentre Silvia Sardone, seconda degli eletti leghisti, ne ha ricevute solo 75 mila. Nel Nord Orientale, Vannacci ha preso 142 mila preferenze, quante tutti i nove candidati che lo seguivano in lista. Anche nel resto d’Italia, Vannacci ha avuto un impatto significativo, seppur minore nel Sud e nelle Isole.

Autonomia o Sovranismo? Per tornare a crescere serve uscire dall’ambiguità

Il risultato netto di Vannacci obbliga Salvini a continuare su questa linea, ma rischia di minare il partito nelle sue fondamenta, soprattutto al Nord. L’ex leader Umberto Bossi ha manifestato la sua intenzione di votare per Marco Reguzzoni di Forza Italia (spostando in realtà ben pochi voti, visto il risultato trascurabilissimo dell’ex Presidente della Provincia di Varese, ndr), sottolineando il malcontento interno. Paolo Grimoldi ha dichiarato all’Ansa che “se si tolgono le preferenze di estrema destra di Vannacci, si capisce chiaramente il collasso elettorale” della Lega e l’urgenza di cambiare il nome del partito, eliminando la dicitura ‘Salvini premier’. Grimoldi ha aggiunto: “Se la Lega non fa più la Lega e non fa il sindacato del territorio, allora si vota per qualcun altro”.

Ma Grimoldi, iperallineato alla segreteria Salvini fino a quando era deputato e poi riscopertosi repentinamente pasdaran padano (solo a seggio parlamentare perduto, ndr), cosa ha fatto concretamente per far crescere la Lega negli ultimi due anni? Meno di Salvini, viene da dire.