Tripoli, 18 feb. (TMNews) – Si aggrava il bilancio delle violenze in Libia, dove la regione orientale della Cirenaica, e in particolare le città Bengasi ed El Beida, sembra essere ormai teatro di una vera e propria rivolta. A Bengasi oggi è stata incendiata la sede della radio locale, mentre secondo alcune fonti i manifestanti hanno impiccato due poliziotti ad El Beida.
Secondo il quotidiano libico Oea, vicino a Seif Al-Islam, figlio del colonnello libico Muammar Gheddafi, le manifestazioni contro il regime hanno provocato almeno venti morti a Bengasi, la seconda più grande città del Paese, e sette a Derna (sempre nell’Est). Questo nuovo bilancio porta a 41 il numero delle vittime dall’inizio delle proteste in Libia martedì, secondo un bilancio stilato dall’Afp a partire da diverse fonti locali, che non tiene conto di quattro detenuti uccisi dalle forze dell’ordine mentre tentavano di evadere dal carcere di El Jedaida vicino Tripoli, né i due poliziotti impiccati. Questi ultimi tentavano di disperdere una manifestazione nella città di El Beida (200 chilometri a est di Bengasi), ma sono stati catturati dai manifestanti prima di essere giustiziati.
L’organizzazione non governativa Human Rights Watch da parte sua aveva parlato questa mattina di un bilancio di 24 vittime accertate, fino a ieri sera. Altre fonti, soprattutto Ong, e attivisti all’estero, ci sarebbero stati oltre 50 morti da ieri.
Dagli Stati Uniti è arrivata la condanna del presidente Barack Obama, che si è detto “molto preoccupato” dalle violenze contro i manifestanti in Libia e anche in Yemen e Bahrein. “Gli Stati Uniti condannano l’uso della violenza da parte dei governi contro i manifestanti pacifici”, ha dichiarato il presidente in un comunicato.
I manifestanti chiedono le dimissioni del colonnello Muammar Gheddafi, al potere dal 1969. I comitati rivoluzionari, pilastro del regime libico, hanno minacciato oggi i “gruppuscoli” che manifestano contro Gheddafi di una risposta “folgorante”. Proteste e contestazioni sono cominciate martedì e si sono intensificate ieri dopo gli appelli su internet per una “giornata della collera”. Le prime manifestazioni sono state represse molto violentemente, in particolare a Bengasi, storica roccaforte dell’opposizione, ed El Beida, entrambe situate sulla costa mediterranea.
Migliaia di persone hanno partecipato oggi ai funerali di almeno 14 dimostranti uccisi ieri a Bengasi, secondo testimoni. Ad El Beida, le forze dell’ordine erano schierate in periferia e controllavano entrate e uscite dalla città come pure l’aeroporto, dopo le notizie che circolavano su internet secondo cui i dimostranti avrebbero preso il controllo del centro urbano. “Le forze di sicurezza hanno ricevuto l’ordine di lasciare il centro della città per evitare scontri con i manifestanti”, hanno indicato fonti “ben informate” all’Afp. Fra le vittime degli scontri ad El Beida ci sono dimostranti, ma anche dei sostenitori del regime, hanno aggiunto queste fonti.
Oltre mille detenuti sono d’altra parte evasi dopo un ammutinamento in una prigione a Bengasi, secondo il quotidiano Quryna, sempre vicino a Seif Al-Islam, e 150 sarebbero stati in seguito arrestati. A Tripoli, la capitale, sostenitori del regime sono scesi in strada, proprio come ieri, attraversando la città in automobile, ed esponendo ritratti del colonnello Gheddafi e bandiere. Parallelamente, gli organi di informazione ufficiali continuano a occultare le proteste.
(con fonte Afp)
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