«L’Insubria? Non ha fallito Orgoglioso dell’università»

VARESE – «Non so cosa la città avesse immaginato per l’Università quindici anni fa, ma certamente quello che vedo oggi è un risultato di cui andare orgogliosi, altro che fallimento o Serie B». Queste le prime righe di risposta all’articolo pubblicato ieri sul nostro giornale del rettore Alberto Coen, dove alcuni dei “padri fondatori” dell’Ateneo facevano un bilancio dei primi 15 anni di vita dell’università.

Un bilancio che mette in luce la mancanza di sineriga tra università e città, senza nulla togliere all’eccellenza dei docenti e ricercatori che operano all’interno delle prestigiose facoltà sul territorio: un realtà indiscutibile nel panorama universitario nazionale e internazionale.

Quello che ieri veniva sottolineato era il mancato obiettivo di Varese di diventare una città universitaria. Il dibattito ha stimolato la discussione tra gli attori del mondo accademico, politici e cittadini. La prima reazione arriva dal neo eletto rettore Coen. «In questi 15 anni siamo cresciuti sino a diventare un

Ateneo con circa 10.000 studenti, 380 docenti, 330 tecnici amministrativi, e qualche centinaio di collaboratori alla ricerca (i famosi precari della ricerca). Il Ministero dell’Università ci considera un’università “virtuosa” perché abbiamo saputo mantenere i conti in ordine, per il livello qualitativo della ricerca condotta e per i risultati dell’attività didattica».

Coen ricorda che ogni anno diverse centinaia di studenti svolgono tirocini formativi nelle aziende del territorio. «In quindici anni abbiamo sviluppato rapporti istituzionali con oltre 2500 aziende e/o enti del territorio e non solo». Il rettore, nonostante gli ottimi risultati ottenuti, è consapevole che non è tutto rose e fiori. «L’università è costretta a fare i conti con una crisi difficile del sistema universitario e con una cronica mancanza di risorse. Dobbiamo ancora risolvere problemi edilizi costruendo ciò che manca e ristrutturando ciò che è fatiscente. Dobbiamo migliorare i servizi che diamo agli studenti, dobbiamo aprirci ancora di più verso il territorio e il resto del mondo».

Anche Fabio Fedi, capolista della lista “Fratelli d’Italia” e componente del Nucleo di Valutazione dell’Insubria, difende l’Ateneo: «Giù le mani dall’Insubria. Chi ha fallito non è l’Università e Varese lo sa bene». Secondo l’avvocato Fedi a “tradire” la mission sono stati gli enti locali che «negli anni non hanno rispettato gli impegni presi sulla base di accordi di programma che hanno firmato proprio con l’Ateneo. In una società ognuno ha compiti ben precisi. Quelli di un ateneo sono: l’insegnamento, la ricerca e l’attività clinica».

Jacopo Miglio, storico rappresentante degli studenti della facoltà di economia, ammette che Varese non sia riuscita a trasformarsi in una città universitaria, ma si chiede di chi sia la colpa. «L’università nelle persone del rettore, dei presidi di facoltà e degli stessi docenti, ha fatto il possibile. Il Comune, le istituzionie i cittadini invece?».

b.melazzini

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