Lolita bis: Bossi e Motta assolti L’accusatore diventa imputato?

GALLARATE Lolita bis: Gigi Bossi e Federica Motta assolti ieri mattina dal gup Nicoletta Guerrero in sede di rito abbreviato.
Leonida Paggiaro, l’imprenditore di Gallarate che denunciò di essere stato concusso da Bossi, divenendo teste chiave dell’accusa, indagato per calunnia: il gup ha infatti disposto il rinvio degli atti al pubblico ministero per tutte le indagini del caso.

Soddisfatti i difensori Tiberio Massironi  eCesare Cicorella (per Federica Motta): «Il giudice per l’udienza preliminare ha accolto in toto la linea difensiva», sottolinea Massironi. «Ora si verificherà se chi ha accusato falsamente qualcuno lo abbia fatto con dolo, cioè consapevole di esporre l’accusato al rischio di andare incontro a un processo penale. Decisione sacrosanta quella del gup, naturale in un paese civile».

Pietro Romano, difensore di Paggiaro, e lo stesso imprenditore tacciono: «No comment – dice Romano – Non prima di aver letto le motivazioni della sentenza». Motivazioni che saranno depositate entro novanta giorni. In attesa di leggere, la decisione del gup sembrerebbe suggerire un fatto: Paggiaro non è risultato credibile.

Il processo Lolita bis nasce da uno stralcio del procedimento principale Lolita che vede ancora Gigi Bossi, ex responsabile dell’ufficio urbanistica di Gallarate, Federica Motta, titolare dello studio di architettura Lolita e compagna di Bossi, insieme a Riccardo Papa, ex presidente dell’ordine degli architetti della provincia di Varese, indagati per concussione ambientale in concorso. Da quel filone d’indagine (arrivato poi in dibattimento) si è staccato nel 2009 il troncone conclusosi ieri mattina con la piena assoluzione degli imputati.

In sintesi Paggiaro asserì di aver versato 10 mila euro a Bossi (stando all’accusatore Bossi avrebbe lamentato carenza di fondi per pagare le vacanze per farsi capire da Paggiaro) e assunse Federica Motta invece di altro professionista per veder accelerati permessi e pratiche relativi alla costruzione di un capannone in viale Stelvio a Gallarate. Dall’allora moglie di Paggiaro, Anna Maria Iametti, Bossi avrebbe anche ricevuto un prezioso orologio Cartier in omaggio per suggellare il patto e festeggiare il compleanno del funzionario comunale.

Bossi e Motta hanno sempre rigettato ogni accusa dichiarandosi estranei alla vicenda; il pm titolare dell’inchiesta Roberto Pirro, aveva chiesto un integrazione al fascicolo a udienza preliminare già entrata nel vivo, richiesta rigettata dal gup per ragioni normative. Quanto sostenuto da Paggiaro rappresentava la prova regina del processo: alle sue affermazioni, però, non sarebbero stati forniti sufficienti riscontri.
Il giudice ha assolto e ora Paggiaro rischia di ritrovarsi a processo per calunnia passando al banco degli imputati: «In aula – commenta Massironi – Non abbiamo mai fatto mistero di reputare calunniose le accuse dell’imprenditore».

Paggiaro, per altro, è teste rilevante anche in un altro processo in corso a Busto Arsizio che vede Nino Caianiello e Piermichele Miano accusati di concussione in merito alla costruzione del centro commerciale sull’area ex Maino: «Quanto stabilito dal gup oggi (ieri per chi legge) è riferibile esclusivamente a questo caso specifico e a nessun altro procedimento in corso», conclude Cicorella.
Simona Carnaghi

e.besoli

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