«Lui ci trattava sempre male Ma non volevo che morisse»

«Mio padre maltrattava me e mia sorella, ci trattava male, ma non volevo ucciderlo».

, il ragazzo di 23 anni che nella notte tra giovedì e venerdì ha ucciso il padre con una coltellata, si è difeso così di fronte alle domande del sostituto procuratore . Secondo quanto raccontato dal 23enne al pubblico ministero, il padre avrebbe avuto atteggiamenti dittatoriali verso di lui e nei confronti della sorella di 21 anni. Un metodo educativo che, secondo il figlio, arrivava fino ai maltrattamenti. Circostanze, però, che non sembrano aver convinto il sostituto procuratore.

Metodi educativi decisi

Quello che è certo è che i rapporti, con il padre, erano molto tesi da tempo. Già in passato le forze dell’ordine erano intervenute, chiamate dai vicini, preoccupati per le forti grida che arrivavano dall’appartamento all’ultimo piano della palazzina di via Pindemonte. È ancora presto per sapere, con esattezza, cosa abbia fatto scattare il litigio di giovedì sera. Forse quelle critiche fatte più volte in passato dal padre ai figli per i loro comportamenti poco parsimoniosi o per le bocciature a scuola. Per ora è certo che il ragazzo ha afferrato un coltello usato per tagliare il pane, una lama lunga circa 20 centimetri, e con quello ha colpito il padre, provocandone la morte.

Interrogato dal pm sulle circostanze della morte il ragazzo ha detto che non aveva alcuna intenzione di uccidere. A quanto sostiene il ragazzo, lui avrebbe puntato il coltello contro il padre, ma la lama si sarebbe impiantata nel corpo del genitore solo perché questi si avvicinò troppo.

Una versione difficilmente credibile e che settimana prossima, con molta probabilità già lunedì, passerà al vaglio dell’interrogatorio di garanzia. Intanto il sostituto procuratore Nadia Calcaterra ha già conferito l’incarico per l’autopsia sul corpo di, . Con molta probabilità l’esame autoctono verrà eseguito nella giornata di martedì. L’accusa con cui il ragazzo è stato arrestato è quella di omicidio aggravato. Facile immaginare che nei prossimi giorni verrà ascoltata anche la figlia di 21 anni. Anche lei, quella tragica sera, era in casa e avrebbe assistito ai fatti. Solo dopo aver inflitto il colpo mortale Joao Dungo Cassanga si è reso conto di quanto aveva fatto e, in preda alla disperazione, ha deciso di costituirsi, ammettendo di aver ucciso il padre. Un gesto che, dal punto di vista processuale, potrebbe almeno in parte alleggerire la sua posizione.

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