L’Ulisse del jazz ama la minestra «È un cibo che ti nutre l’anima»

Nella musica di Paolo Fresu, trombettista nato a Berchidda nel 1961, c’è cordialità, leggerezza, eccitazione e curiosità.

Nulla che faccia pensare ad un suono costruito artificialmente, anche se a volte plasmato dalla tecnologia così come piace a questo Ulisse del jazz. In lui coesistono i tanti luoghi che ha conosciuto nella vita e nell’Arte: l’isola, che permette di trattenere in sé (conservandoli gelosamente e senza contaminarli) i valori, e gli altri angoli del mondo come Bologna e Parigi. Città nelle quali risiede il Fresu “folletto dell’improvvisazione”, da sempre attento a suonare ciò che serve a se stesso (per migliorarsi continuamente) e al pubblico (per poter crescere).

È del tutto normale, quindi, che l’artista dichiari come suo piatto preferito «la semplice minestra con il brodo di carne, della quale sono ghiotto e che mia madre mi prepara tutte le volte che vado in Sardegna».

«Mi piace caldissima anche in pieno agosto e poi, subito dopo, la carne bollita e le sue verdure con un filo d’olio, sale e limone. Mi piace perché mi appaga, mi ritempra il corpo e l’anima e mi ricorda l’infanzia e le lunghe sere invernali».

La minestra, cibo sobrio che ritrae un Fresu dallo spirito romantico, tradisce serenità e riflessione. D’altronde, esiste il musicista così come il suo alter ego culinario.

Quello che nella genuinità del piatto mostra la trasparenza delle sue scelte, senza cortine scenografiche o sapori aggiunti: i glutammati non fanno bene neppure alla musica. Una minestra non è solo brodo ma radice e tradizione. Qualcosa che si ingloba nella società e attraversa le culture, così come fa Fresu con la musica di Richard Strauss, Claudio Monteverdi, Camille Saint-Saens.

Poi, il Sud America, il bacino del Mediterraneo, i Caraibi. Adagi, inni, sinfonie, canti popolari: è questo il bello della cucina per il Fresu che fa ritorno a casa. Così come la ricetta che ci propone: «In una pentola sufficientemente grande (ma non con quella a pressione) si mette a bollire a fuoco lento per qualche ora la carne di manzo (a volte anche un po’ di pollo o gallina) non troppo grassa e con le verdure ben lavate: carote, cipolle, sedano. Poi, si aggiunge la passata di pomodoro rigorosamente fatta in casa. Si sala quanto basta, si insaporisce con due cucchiai d’olio e ogni tanto si toglie la schiuma che si forma in superficie. Quando la carne è tenera, si spegne e si filtra il brodo in un altro recipiente, mentre le verdure e la carne si mettono a parte e si servono successivamente. Al brodo poi si aggiungono le “puntine” Barilla o le “tempestine”: il tutto si serve ben caldo, in una scodella, con tocchetti di formaggio fresco pronto a fondersi».

Tanto semplice la minestra, quanto vivace la musica che Fresu abbinerebbe al piatto: «Un brano liquido e focoso; forse sanguigno, ma adatto a tutte le stagioni. Forse più il blues che il jazz. Una musica povera nell’impianto ma ricca di pathos e di soul. Povera come gli ingredienti della minestra di brodo, ma molto corporale e da assaporare in modo fisico».

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