Le primarie del Pd mostrano, ancora una volta, l’incoscienza nel correre ad apporre una crocetta su un nome: fin quando non si prenderà coscienza di cos’è la classe politica, il Paese non uscirà dal baratro. Ai politici, rottamatori e rottamati, non occorre dare alcuna fiducia, sono da allontanare dai “Palazzi” del potere. Sono dei parolai e, una volta al potere, riverseranno frustazioni, incapacità le incompetenze nel gestire la “cosa” pubblica, sulle spalle dei cittadini salvaguardando i propri interessi.
Roberto Mangoni
Le primarie del centrosinistra sono state un successo della democrazia. Un ripiegamento dell’antipolitica. Una dichiarazione di voglia partecipativa. L’espressione della volontà d’un modello alternativo al grillismo per cambiare. Non poco, riconosciamolo, in un momentaccio come questo. Il messaggio lanciato uscirà dai confini dell’area riformista-progressista e farà bene all’intero (e collassato) sistema politico. Bersani ha il merito d’averne consentito l’effettuazione, lo statuto del Pd gli concedeva di non farlo. Ha messo in gioco se stesso rischiando, e non è da tutti. Renzi ha il merito d’aver detto ciò che molti, investititi di cariche istituzionali o di partito, pensavano e non osavano dire: la classe dirigente del centrosinistra (e del Paese) è da rifondare. Sperava d’ottenere di più Vendola, un paio d’anni fa convinto di poter rappresentare la vera alternativa a Bersani: il suo irrealismo non ha pagato. Se al ballottaggio di domenica sarà permesso di partecipare anche a chi non ha votato al primo turno (sarebbe incomprensibile il contrario), l’esito finale potrebbe risultare sorprendente. Rivoluzionando la politica italiana.
Max Lodi
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