Mario Chiodetti vince tra i “Segnalati”

Il giornalista e fotografo vede attribuirsi l’importante riconoscimento: «Racconto una Varese che non c’è più»

Mario Chiodetti, giornalista, fotografo, ora narratore e “ispirato cantore della nostra vita lacustre” vince il premio Chiara “Segnalati” 2015 con “La nostra vita somigliava a un tappeto magico”, EmmeEffe Edizioni, un libro di «racconti che interpreta le caratteristiche peculiari del territorio e della popolazione insubrica».

Non si tratta di un libro che narra le storie del nostro bel lago di Varese, anzi «di Gavirate», ci tiene a precisare il vincitore, ormai «ridotto ad essere soltanto una bella cartolina» ma è un volume che «raccoglie la polvere della memoria», narra gli anni della sua infanzia, della via dove è cresciuto e vissuto Chiodetti, in questo «mondo perduto dove si parlava da un balcone all’altro senza usare l’iPhone».
Libro dalla breve gestazione,

è una raccolta scritta in soli dieci giorni e dietro suggerimento di Carlo Scardeoni che ha voluto, prima dell’autore, la creazione del volume. La strada di cui l’autore scrive è la storica via Bligny, a due passi dall’ospedale del Ponte e dietro le stazioni ferroviarie del centro di Varese è una metafora della vita che a Varese abbiamo perduto, quasi senza accorgercene. Sono racconti di una «vita vissuta, da me bambino, delle persone con cui parlavo, personaggi che a noi sembravano usciti dalle pagine di una fiaba». Di quale Varese parla? «di una Varese a misura d’uomo, dove andavo a prendere la verdura dall’orto della vicina, dove ci si conosceva tutti, quando cresceva l’insalata, la dividevamo. Avevo amici che potevano essere i miei bisnonni, mi raccontavano la loro vita, le loro storie, da lì sono nate le mie passioni per la musica, la letteratura…».
A quale racconto si sente più legato? «Zia Rita è il racconto che amo di più; mia zia viveva a Biandronno, zitella di una volta con i suoi 95 anni, mi offriva sempre i suoi biscotti col Marsalino e, prima di aprirmi, si affacciava alla finestra». La passione per la fotografia ha influenzato la stesura dei racconti? «La fotografia mi ha aiutato a ricordare la mia infanzia, più che altro un “amarcord” di quando ero bambino». Come vede Varese oggi? «Varese è terrificante dal punto di vista sociale, vivo ancora nel quartiere che descrivo nel libro, ma non conosco i miei vicini, dal punto di vista culturale, invece, ci sono delle emergenze positive, come Massimo Cassini per esempio, anche se mi ispiro ai grandi narratori come Chiara, Vigevani».