L’amarcord di , il «campione gentiluomo» di Gallarate, di cui ieri si celebravano i cento anni dalla nascita. «La guerra gli fece perdere gli anni migliori della sua carriera». Il ricordo di , figlio di Mario, ciclista professionista e Ct della nazionale azzurra, uno dei più grandi sportivi gallaratesi di sempre. Forse meriterebbe qualche forma più visibile di riconoscenza da parte della città in cui si stabilì, Gallarate, anche se il figlio non lo ammetterà mai, a nove anni dalla sua scomparsa.
«Papà aveva un carattere schivo, non amava salire sul palco e non sapeva fare “self-marketing”» ammette Carlo Ricci. È un fiume di ricordi, quando si accenna a suo padre Mario. «Sto guardando in tivù un documentario su Coppi e Bartali – racconta – hanno mostrato le immagini della partita di calcio all’Arena di Milano tra due squadre di ciclisti, da una parte gli amici di Coppi, dall’altra quelli di Bartali. C’era anche papà, che è stato un amico fraterno di ». La giostra dell’amarcord si mette in moto. «Andare in giro con papà e con Fausto era come andare in giro con il Papa – i ricordi di Carlo Ricci – una volta andammo a casa di Coppi a Sampierdarena, poi mi portarono al cinema e quando si accesero le luci alla fine del primo tempo finì la pace. Oppure un’altra volta, quando ero in colonia a Viserba, mi vennero a prendere su un’auto decappottabile per andare a pranzo».
Ma Mario Ricci fu soprattutto un grande campione di ciclismo, con successi di prestigio come un campionato italiano e due Giri di Lombardia: «Ma gli anni migliori della sua maturità agonistica li perse a causa della seconda Guerra mondiale – racconta il figlio – nel ’43 ad esempio aveva vinto il titolo italiano e l’aveva mantenuto fino al ’46 perché il campionato era stato sospeso. Anche i Tour de France non si
correvano durante la guerra. Poi quando l’attività ciclistica riprese regolare, papà non aveva più la gamba giusta per andare in montagna». Eppure continuò a correre fino al 1950, ritirandosi all’età di 36 anni. «Io avevo nove anni e mi ricordo che ero ai box della Tre Valli Varesine quando arrivò terzo, ma anche il passaggio di un Giro d’Italia a Gallarate, con la tappa che si concludeva all’autodromo di Monza».
Tra gli aneddoti più cari, anche quello della prima vittoria del fratello di Carlo, , scomparso lo scorso dicembre: «Papà Mario, chiusa la carriera, faceva l’ispettore vendite per la Star e in quei giorni era in Toscana per lavoro – racconta Carlo – in un bar, leggendo le cronache sportive, venne a sapere della prima vittoria del figlio Aldo solo dai giornali. Da quel giorno, dopo lo scetticismo iniziale, ha seguito attentamente la carriera di Aldo».
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