«Mauro e quella barca fatta in casa per ascoltare la voce del suo mare»

Nini ed Emanuele Bossi hanno raccolto in un libro la storia speciale del loro figlio. «A 28 anni ha affrontato “15mila miglia in solitario”. Adorava la vela e sognava il Polo»

– «Mio figlio ci ha insegnato che un uomo da solo, con le sue capacità, può superare anche le prove più dure».
È solo per dire questo che mamma Nini e papà Emanuele hanno dato alle stampe il libro “15 mila miglia in solitario”, che racconta il viaggio del figlio dalla Bretagna fino in Martinica, con una barca a vela costruita “in casa”.
O meglio, a Saronno, in un cantiere nautico di fortuna dove tutti gli amici si trovavano a “piallare” per fare in fretta a finire l’opera e consentire a Mauro di partecipare alla Transat 6,50 del 1989.
Mauro, residente a Casciago, all’epoca aveva 28 anni. Si era diplomato allo scientifico Ferraris e studiava ingegneria al Politecnico di Milano. Per raggiungere Fort de France stette in mare quasi due mesi, dal 24 settembre al 16 novembre, «solo con una piccola radio, una bussola e un sestante» precisa il padre.

Per costruire quella barca furono «notti insonni, pagine divorate di libri e riviste, telefonate e visite a cantieri». Il frutto di quel lavoro travolgente, concepito nell’infanzia leggendo libri di grandi navigatori, fu chiamato “Naima”, come il brano jazz di degli anni Sessanta.
«Prima di quella barca Mauro ne aveva costruita un’altra, più piccola, nel capanno di piazza Bossi a Bobbiate – racconta la mamma – Era un’imbarcazione a vela, che per le ridotte dimensioni non poteva allontanarsi dalla costa.

Con quella giunse fino in Spagna. Mauro era animato da una fame di vela, voleva andare sempre oltre». Arrivato in Martinica, Mauro decise di farsi un giro lì e poi si spinse verso New York, dove rimase per un paio di mesi. Sul suo quaderno scrisse: «Evviva New York, anche se grattacieli e mare sembrano incompatibili».
Costava troppo ormeggiare nella Grande Mela, quindi Mauro chiese ospitalità al museo di South Sea Port, che racchiude la storia del porto di New York dal 1700 agli anni ’50. Nei suoi appunti si legge: «Gentilmente la coppia che gestisce il museo mi ha ospitato gratuitamente. Trattato come un eroe».
Mauro tornò a casa – naturalmente in barca – il 24 dicembre 1990, giusto in tempo per festeggiare il Natale in famiglia. Fece stare in pena i genitori fino all’ultimo: infatti, un colpo di Mistral invernale gli fece provare l’emozione del rovesciamento a metà strada tra le Baleari e la Corsica.

Quel giorno il bollettino Meteo-France annunciava vento forza 11 nel golfo del Leone. «Allertammo la guardia costiera, che ci disse che avremmo dovuto denunciare la scomparsa di Mauro per far partire le ricerche – racconta la mamma – Prima di fare quel passo, arrivò una telefonata. Era Mauro che, come se niente fosse, ci informava che era arrivato in Corsica scuffiando. Era completamente bagnato e aveva bisogno di qualche consiglio per far asciugare la biancheria».
E pensare che quella grande passione per il mare era nata alla Schiranna, il giorno in cui mamma Nini aveva trovato la locandina di un corso di vela sulla vetrina di una cartoleria e ci aveva iscritto i figli. Naima ora è al museo della scienza e della tecnica Leonardo Da Vinci di Milano (prima di andare lì fu esposta sotto l’Arco Mera, in corso Matteotti).
«Per un periodo rimase nel museo, adesso invece è stata messa in cantina. Cosa che per noi è un grande dispiacere» dicono i genitori, speranzosi che l’imbarcazione possa trovare una collocazione migliore.
Non è solo una barca, ma una casa viaggiante che custodisce il ricordo del figlio scomparso nel 1994.
Mauro vi rimase a bordo per mesi, con la sola compagnia delle carte nautiche, del suo sassofono e delle balenottere che, attratte dalla musica, ogni tanto facevano un po’ di strada con lui.