Mazzette anti coda al Catasto Il caso finisce in prescrizione

VARESE Mazzette in Catasto per saltare la coda: la vicenda si chiude con una prescrizione. Lo stesso pubblico ministero Luca Petrucci questa mattina in aula ha precisato di non poter «formulare alcuna richiesta di pena a causa dell’intervento della prescrizione anche se -ha precisato Petrucci – i reati sono stati commessi, pur trattandosi di reati poco gravi». I cinque imputati, Giovanni Di Pasquale, Silvana Biaggi, Giovanni Luca Lanzo, Maurizio Colombo e Luciana Scanu, furono accusati in prima battuta di concussione; il capo di imputazione fu poi derubricato in corruzione: davanti alla giustizia sono però finiti soltanto i corrotti, non invece i corruttori, salvati dal cambio in itinere del capo di imputazione. Tutto esplose nel 2005 quando un utente del Catasto, esasperato dalle ore di coda davanti agli sportelli dell’ufficio, denunciò quella che fu definita «una pratica antipatica». Gli impiegati in

questione avrebbero fatto saltar fuori fotocopie e documenti richiesti dai professionisti che aggiungevano un piccolo incentivo; più che una mazzetta una mancetta (si parla infatti di “contributi” da cinque a dieci euro). Il piccolo obolo consentiva a chi versava di saltare la coda chilometrica e costante davanti agli sportelli. I fatti contestati risalgono all’inizio degli anni 2000; il bubbone scoppiò nel 2005; oltre ai cinque imputati a processo, altri loro colleghi finirono nel registro degli indagati patteggiando in altra sede la loro posizione davanti alla giustizia. Prescrizione non si significa però assoluzione; il giudice ha infatti usato la formula «non doversi procedere per intervenuta prescrizione dei reati contestati». Al termine dell’udienza qualche difensore ha però palesato la volontà di ricorrere in appello; prescrizione, infatti, non significa assoluzione e in termini di mantenimento del posto di lavoro questo potrebbe fare la differenza.

s.bartolini

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