Sotto l’erba del Franco Ossola ci siamo noi. Polvere siamo e polvere ritorneremo. Giochiamo e moriamo ma ci manca l’urlo del gol, mentre la fine – che può anche essere un nuovo inizio – s’avvicina.
Inutile fare i permalosi o prendersela quando la curva urla dalle sue viscere (meglio essere diretti che tenersi dentro il rospo) quello che tutti covano da tempo: la sfiducia, la lontananza, la rabbia nei confronti della società. Laurenza ha avuto due anni di tempo, partendo dal giorno in cui aveva il mondo ai suoi piedi, per farvi-farci sentire anche un po’ nostro questo Varese, e invece ce l’ha portato via, ascoltando (quasi) sempre le persone sbagliate e allontanando quelle giuste, e per giuste intendiamo leali oltreché competenti: uno su tutti, Giorgio Scapini (chi ha segnato ieri contro il Napoli? Lazaar, esatto: l’ha scoperto lui).
Adesso che siamo penultimi – se il Crotone vince, ultimi – il presidente può anche dimettersi (accadrà magari martedì se alla scadenza di domani sera il Varese non sarà riuscito a pagare, beccando un’altra penalizzazione), può dire quello che vuole, perfino che saremmo già morti senza il suo sacrificio, ma perché non ha fatto chiarezza la scorsa estate dicendo pane al pane e vino al vino? Perché 5 direttori sportivi in meno d’un anno? Perché farsi aiutare da misteriosi imprenditori svizzeri? Perché andare avanti grazie alla fede di tutti, senza uomini di fede?
Perché non ha detto prima e subito “Io non ce la faccio più, queste sono le chiavi e le do al sindaco.L’errore del presidente è tutto qui: non aver urlato la verità, a costo di farsi male allora per non morire oggi.
Noi eravamo in piazza Monte Grappa, e prima al Palace Hotel, e ascoltavamo orgogliosi quel coro: “Laurenza portaci in Europa”. Abbiamo iniziato a non capire più il presidente quando tutta la città lo implorava di liberarsi delle persone sbagliate e lui non lo ha fatto. Si è fidato dei lupi, e questo è il risultato. Ha messo sempre un cerotto su un’eterna operazione a cuore aperto. E invece serviva solo un medico bravo, il migliore, che lui non ha mai voluto ascoltare (Sogliano). Così è un’agonia: non tiriamola in lungo. Mettiamo le carte in tavola. Meglio fallire, dimettersi (se non lo fa Laurenza, “dimetta” tutti gli altri) o rischiare di morire oggi, piuttosto che andare incontro a fine sicura.
Ci mancava solo una cosa: il centravanti, e siamo usciti dal mercato perdendone due. Non è cattiveria, è logica. È buon senso, è evidenza. Come fai a giocare in serie B e salvarti con un centravanti della Primavera del Cagliari (Varela non è una punta) o con Forte al 50%? Ti salvi con gli attaccanti che la buttano dentro, toccano una palla davanti alla porta e fanno gol: infatti Carpi, Pro Vercelli e ieri il Livorno ci hanno stuprato al primo e unico tiro con l’uomo-gol: Mbakogu, Marchi, Siligardi. Se vai al mercato delle vacche e devi mangiare, prendi la vacca grassa (una sola) e non sette od otto vacche magre.Che fare, ora? Andare fino in fondo con le persone vere, al diavolo tutti gli altri.