MILANO – La Corte d’Appello di Milano ha condannato Alessia Pifferi a 24 anni di carcere, riformando parzialmente la sentenza di primo grado che l’aveva condannata all’ergastolo per omicidio volontario pluriaggravato. La donna, 40 anni, era accusata di aver lasciato morire di fame e sete la figlia Diana, di appena 18 mesi, abbandonandola sola per sei giorni nella casa di via Parea, a Milano, nel luglio 2022.
La Corte ha eliminato l’aggravante dei futili motivi e ha bilanciato l’aggravante del vincolo madre-figlia con il riconoscimento delle attenuanti generiche. Da qui, la decisione di ridurre la pena a 24 anni. Una sentenza che ha suscitato sdegno e dolore tra i familiari: la sorella di Alessia, Viviana Pifferi, ha parlato di «un’ingiustizia verso una bambina lasciata morire da sola».
Il 14 luglio 2022, Pifferi lasciò l’abitazione per raggiungere il compagno in provincia di Bergamo, senza avvisare nessuno e lasciando Diana senza cibo né acqua. Il 20 luglio, rientrando a casa, trovò la bambina senza vita. Nel lettino da campeggio erano state trovate bottigliette con tracce di benzodiazepine e un biberon. Le indagini hanno escluso che la donna fosse incapace di intendere e volere.
La difesa aveva puntato sull’infermità mentale, ma tutte le perizie psichiatriche hanno confermato la piena lucidità dell’imputata al momento del fatto. La condotta della donna è stata giudicata consapevole, mirata a proseguire la sua relazione, anche a costo della vita della figlia.
Una vicenda che ha sconvolto l’opinione pubblica, sollevando interrogativi profondi sul ruolo delle istituzioni e sulla tutela dei minori in situazioni di forte fragilità familiare.













