«Museo dello sport e stadio all’inglese. Varesini, apprezzate tutto ciò che avete»

Il vicepresidente Piero Galparoli: «Giovani bamboccioni? I miei figli si mantengono in Inghilterra. La gestione del Franco Ossola costa più della squadra. Se rimane così saremo costretti ad emigrare»

Nei cinque mesi in cui il Varese Calcio ha mosso i primi passi, vincendo quasi tutte le partite, anche la dirigenza ha convinto. E Piero Galparoli si è fatto conoscere come vice presidente di cuore e carattere. Lo abbiamo incontrato per fare il punto della situazione prima di Natale e con lui abbiamo parlato soprattutto del progetto di ristrutturazione dello stadio. Ma abbiamo scoperto anche una storia bellissima – ed esemplare – legata alla sua famiglia.

Sono in partenza. Oggi volo in Inghilterra, a Cheltenham per riabbracciare i miei figli e passare con loro il Natale. Peccato che non ci siano partite da vedere: mi ero già informato perché non posso stare senza calcio…

Beh, posso dire che hanno fatto una scelta forte. La mia Beatrice ha 18 anni e va ancora alle superiori ma voleva studiare in un’altra nazione e allora si è messa alla ricerca e ha trovato a Cheltenham una scuola pubblica aperta anche agli stranieri, in cui si paga il corrispettivo di duemila euro l’anno: non è molto, tutto sommato…

Qui si sbaglia e qui entra in gioco il mio figlio maggiore Alessandro: lui sì ha già finito le superiori e prima di iscriversi all’università ha deciso di prendersi un anno sabbatico. E provate un po’ a indovinare dove ha scelto di andare.

Sì, è lui che sta a Cheltenham con Beatrice. È lui che la mantiene: lavorando in un pub riesce a pagare le spese di tutti i giorni e quelle dell’appartamento in cui vivono.

Ho dei bravi ragazzi. Alessandro si è messo in viaggio ad agosto verso Cheltenham con una Panda per raggiungere la sorella e, dopo trentasei ore, andando a novanta all’ora, è arrivato a destinazione con la macchina carica di pastasciutta e mozzarelle.

Sì ma ho anche altri due figli: i gemelli Dario, che è già diventato l’aiuto del magazziniere Aldo Cunati nello spogliatoio del Varese, e Veronica. Hanno 15 anni.

Che si cominci ad apprezzare la città per tutte le cose belle che sa esprimere. Viviamo in una terra splendida, paesaggisticamente unica con il lago, il Sacro Monte e un centro storico suggestivo. Ma la vera bellezza sta nella tanta gente di cuore che la abita. Dal punto di vista sociale è ricca, le iniziative di beneficenza non mancano e c’è tanta voglia di aiutare gli altri. Spero che per Natale i varesini si ricordino di tutto quello che hanno intorno e siano più positivi: quando lo sei, il resto vien da sé.

Abbiamo raccolto duemila euro e vi do una notizia: il Varese sarà, insieme alla Roma, l’unica squadra che potrà mettere sulla propria maglia il nome di Telethon. Ecco, devo ricordarmi di preparare le magliette con la nuova scritta. In ogni caso, tornando alla partita, abbiamo ricevuto il sostegno di molti amici e nessuno è mancato. C’è anche chi ci ha regalato cinquecento panettoni. Pur essendo in Eccellenza, categoria che conta pochissimo, il Varese ha ancora molto fascino.

Diventerà a misura d’uomo e sarà un luogo da vivere tutti i giorni. Abbiamo appena presentato il progetto in Comune.

Avvicineremo le curve al campo ma la tribuna resterà dov’è. In fondo è uno dei simboli del Franco Ossola.

Sapete quanto costa demolire un settore? Si parla di cifre spropositate. In programma c’è anche l’abbattimento dei distinti mentre la tribuna potrebbe essere ristrutturata.

E voi vi rendete conto di quanto costa tirarla giù? Nessuno può permettersi spese faraoniche.

Queste settimane ci serviranno per trovare un imprenditore intenzionato non solo a sognare con noi ma anche interessato a far diventare realtà un progetto che serve davvero al Varese. Lo stadio così com’è ha dei costi di gestione insostenibili.
A momenti costa di più della squadra e, se dovesse restare così, il Varese sarebbe costretto a chiedere di giocare altrove, a cercare ospitalità in un’altra città.

La certezza è che lo stadio va ristrutturato e noi vogliamo tenerlo a Masnago. Per trovare le risorse economiche dobbiamo inventarci un meccanismo pulito, ordinato e positivo. Siamo realisti e non pensiamo a un progetto gigantesco.
Il Franco Ossola così rinnovato dovrà stare aperto tutto l’anno anche se il Varese si allenerà sempre e solo a Varesello. Sogno che l’impianto possa avere al suo interno il museo di tutto quanto lo sport varesino.

Il prato è vecchissimo e messo male. È tutto da ripensare. Ma incominciamo a considerare un passo per volta.