«Nel Cammino di Santiago si ritrova ciò che si è perso»

Francesco Aletti Montano, il patron del borgo, racconta la sua esperienza e le sue emozioni

Francesco Aletti Montano a Mustonate, dopo Santiago: torna con uno zaino pieno di emozioni, consapevolezze e un’idea per il territorio varesotto.
L’imprenditore, patron del borgo, ha recentemente concluso uno dei sette cammini, quello francese partendo da Pamplona, che conducono al santuario, che secondo tradizione ospita la tomba di San giacomo Maggiore.
«Non c’è niente di eroico nel fare il cammino, ma è un’esperienza che consiglio a tutti».
Sono diversi i motivi che l’hanno spinto a partire.

«Il primo forse è quello d’aver compiuto 60 anni e l’opportunità di farlo nell’anno del Giubileo Misericordia. Mi sono detto: “adesso o mai più”. Temevo di diventare troppo vecchio, ma lungo il percorso ho conosciuto persone più vecchie». L’importante è partire.
«Fa più paura dirlo che farlo. Mi sono reso conto che non era un evento straordinario in sé, ma che come dicono “passo a passo si fa il cammino”. Ho corso tutta la vita, ma non ho mai camminato e avevo la curiosità di vedere cosa accade rallentando. Si fanno scoperte importanti su se stessi e su come si vive. Ci si arricchisce spiritualmente, si fanno amicizie se si vuole oppure è possibile condurre un cammino completamente solitario. È proprio all’insegna della libertà più totale».
Così procedono i pellegrini: un piede alla volta verso la meta, senza mai voltarsi indietro.
«Ho camminato per 20 o 25 chilometri al giorno per 20 giorni arrivando a destinazione. Ci sono più di trecentomila pellegrini che lo fanno ogni anno ed è un itinerario che si compie da secoli».

Sul percorso sono tanti gli incontri. «Ognuno cammina per un motivo diverso: chi per fede, chi per salute, chi per amore della natura o chi per una sfida personale. Camminare libera la mente, ricarica fisicamente, riordina le priorità, riporta ritmi molto umani dettati dalle necessità basilari».
Lungo la strada tutti sono uguali: «nessuno guarda chi sei o cosa fai. Il percorso, che si fa con pochi soldi e zaino in spalla, fa emergere ciò che si è davvero un’esperienza che consiglio».
Per Aletti Montano, poi, questo viaggio «potrebbe essere un ottimo spunto per un nuovo modo di fare turismo anche nelle nostre zone.
Riscoprire i cammini storici sarebbe una interessante opportunità, magari collegati, con uno sguardo più ampio, anche a quelli internazionali».
Accanto alle già conosciute e importanti risorse attrattive del territorio, questo potrebbe essere «un modo per cercare di aprirci a questa grande parte di viaggiatori che amano muoversi a piedi in mezzo alla natura, camminando con un percorso da seguire». Della rotta jacopea «mi ha colpito il senso di affidamento. Nella vita di tutti i giorni ci si perde con il GPS, mentre seguendo le conchiglie o le frecce gialle lungo il percorso si arriva di sicuro e non ci si perde mai».

Nessuna ansia da prestazione. «La semplicità è disarmante. Passo dopo passo si perdono le paure quotidiane.
È incredibile vedere come tutte quelle ansie o presunte che si possono avere nella vita, dal sentirsi accettati, accolti o amati, vengano messi da parte. Spogliandosi di tutte le sovrastrutture, si trovano parti di sé che sembravano perse».