«Nella nostra chiesa spazio anche ai musulmani»

Il caso di un siriano escluso dalla Messa perché portava un libro in arabo. Don Silvano: «È il benvenuto»

Musulmano vuole seguire la messa ma il libro scritto in arabo non lo lascia passare: «La chiesa è la casa di tutti. Lo invito alla prossima messa». Accade in carcere a Busto Arsizio. Il racconto nella lettera firmata da , detenuto siriano di fede musulmana, sposato con una donna italiana e cattolica e padre di due figlie Laura e Alessandra.

Lo scorso 23 aprile Mohanad si è iscritto, come dovuto, per assistere alla Santa Messa domenicale. È lui stesso, in una lettera, a raccontare l’accaduto. In mano porta un libro scritto in arabo. «Non il Corano – dice nella lettera – ma un altro libro». Accade che il libro viene notato da una guardia penitenziaria che, scambiando il testo per il Corano, non lo lascia passare.

È , cappellano del carcere, ad intervenire: «Gli agenti della polizia penitenziaria non vanno colpevolizzati, hanno fatto il loro dovere – spiega – la nostra chiesa è la casa di tutti». Tanto che è lo stesso don Silvano a invitare Mohand ad assistere alla Messa la domenica successiva. «E per questo lo ringrazio- spiega il detenuto nella lettera – mi ha detto che la chiesa è la casa di tutti e mi ha invitato ad assistere alla prossima messa». «Non era il Corano – precisa ancora Mohanad – ma un altro testo. Forse qualcuno pensa che gli arabi leggano soltanto il Corano ma non è così».

Don Silvano spiega: «Il carcere puó diventare luogo di incontro. E di confronto. Lo scorso 6 novembre, durante il Giubileo dei detenuti, fu un detenuto di Busto Arsizio di fede musulmana a lavare le mani al Papa prima della vestizione. Due detenuti di fede musulmana sono venuti a Monza, all’incontro con papa Francesco» dice don Silvano.

Così il messaggio di Mohanad diventa un «messaggio di pace – spiega don Silvano – di unione. La chiesa è la casa di tutti. Come ho già detto. E siamo felici, oggi, di accogliere chiunque». L’ultima parola spetta a Mohanad: «Ringrazio Don Silvano che con il suo “modus operandi” è riuscito a non diffondere il sentimento di quanto accaduto, evitando così il nascere di problemi di razzismo tra carcerati, che, ripeto, adesso non esistono» scrive il detenuto.

«Il punto sono l’unità e il rispetto – dice don Silvano – chiunque è il benvenuto nella nostra chiesa. È la casa di tutti come ha detto il nostro papa Francesco». Resta l’apertura di Mohanad a partecipare alla prossima Messa, quale conforto ma anche occasione per incontrare un connazionale di fede cattolica. «Il cardine di tutto é l’apertura – conclude don Silvano – la chiesa é la casa di tutti». E c’è il grazie di Mohanad: «Un musulmano può leggere un libro in arabo diverso dal Corano».