Neopapà sempre più vecchi. A Varese hanno più di 35 anni

Il fenomeno è ormai consolidato: si diventa papà sempre più tardi. Ma non è un bene: seppur con le dovute differenze, anche l’uomo ha il suo orologio biologico che influisce sulla sua capacità fertile. «Esiste un “fattore età” maschile», afferma Cesare Taccani, specialista in Medicina della riproduzione del centro di procreazione assistita ProCrea di Lugano (www.procrea.ch ). «La fertilità di un venticinquenne non è uguale a quella di un uomo di 50 anni. E questo

influisce molto quando la coppia cerca un figlio in età adulta; soprattutto oggi, quando anche gli uomini tendono a rinviare la data della paternità anteponendo studio e lavoro». Negli ultimi 15 anni infatti, l’età media del padre alla nascita del primo figlio si è decisamente spostata in avanti: secondo i dati Istat, nella provincia di Varese è infatti passata dai 34,4 anni del 1999 agli oltre 35,3 del 2013 (ultimo dato disponibile).

La fertilità maschile, pur essendo più longeva rispetto a quella femminile, è però influenzata negativamente dagli stili di vita. «Parliamo di infezioni trascurate, di iperstrogenismo alimentare ovvero un’alimentazione ricca di proteine animali, additivi e conservanti, del vizio del fumo e dell’eccesso di alcol, ma anche semplicemente dell’inquinamento ambientale e dello stress. Tutti questi elementi diminuiscono le capacità riproduttive dell’uomo», continua Taccani.

L’uomo non ha un approccio attento alla propria fertilità. «La donna viene abituata fin da giovane a rivolgersi periodicamente al ginecologo. Non è così sul fronte maschile», continua lo specialista di ProCrea. Così anche nel caso di problemi di infertilità. «Fino a una ventina di anni fa, ci si concentrava prettamente sullo stato di salute riproduttiva della donna, mentre oggi a finire subito sotto esame è anche l’uomo. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità le cause sono distribuite equamente tra uomo e donna: mentre esiste ancora un 10 per cento che si definisce idiopatico, ossia senza nessuna causa apparente».

La raccomandazione dei medici è di sottoporsi a visite ed esami periodici. «La maggior libertà sessuale, ma anche il fatto che oggi esiste una più facile diffusione di virus e batteri possono provocare infezioni. La conseguenza è una frammentazione del DNA negli spermatozoi». Cosa significa? Spiega Taccani: «La frammentazione del DNA non solamente è una conseguenza della presenza di radicali liberi nella cellula, ma è anche correlata all’infertilità in maniera direttamente proporzionale. Infatti una percentuale marcata di DNA frammentato dello sperma può causare un aborto spontaneo durante le prime settimane di gestazione». Servono quindi controlli. «La diagnosi precoce di sterilità maschile permette così di intraprendere la terapie corretta. Inoltre, oggi, anche uomini considerati un tempo assolutamente sterili possono diventare padri». Conclude lo specialista di ProCrea: «Solamente nel 3% delle coppie infertili vi è una condizione di azoospermia, per cui è necessario ricorrere alla fecondazione eterologa mediante donazione di spermatozoi».