Facebook, Twitter, LinkedIn. E ancora: quotidiani online, e-mail, motori di ricerca. Per chiunque lavori nel mondo delle professioni, la vita quotidiana è diventata un flusso di informazioni che, grazie a tablet e smartphone, ci seguono ovunque, giorno e notte. Ma è possibile che l’essere “always on”, sempre bombardati da informazioni, sempre disponibili e raggiungibili, non abbia alcun effetto sul nostro cervello – che è plastico, e può modificare la propria circuitazione a seconda degli stimoli esterni? E il cambiamento rende peggiori, migliori o diversi? Siamo iperconnessi con il mondo e slegati dalla realtà di tutti i giorni, abbiamo sempre più “amici” e sempre meno amici, comunichiamo con tutti e non parliamo con nessuno. Siamo soliti pensare che gli iPhone, i computer e i social network siano la prova del progresso della civiltà. E in fondo lo sono: «Un uso moderato di queste tecnologie può essere un ottimo allenamento per il cervello, molte applicazioni infatti aumentano la funzione e l’attività cerebrale – spiega il professor, direttore del Dipartimento di Salute Mentale – Tuttavia, i progressi tecnologici portano con sé anche conseguenze indesiderate». Abbiamo facile accesso a una quantità senza precedenti di informazioni. Ma un crescente numero di evidenze scientifiche suggerisce che le tecnologie ci stanno lentamente trasformando in pensatori occasionali e superficiali, mettendo in disordine
le nostre capacità cognitive. «Recenti studi hanno dimostrato che la luce blu degli schermi di computer, tablet e smartphone, ha un effetto molto potente sul nostro orologio biologico e prevale sulla luminosità naturale nel guidare i nostri ritmi». Infatti, nel nostro sistema visivo i recettori per la proteina melanopsina, gli «interruttori» attraverso cui ci rendiamo conto se l’ambiente è buio o no, sono più stimolati dalla luce blu che da quella bianca. «Perdere il sonno ha effetti negativi sul cervello. Se non dormi almeno sette ore ogni notte, potresti soffrire di depressione, deficit di attenzione e di memoria». Il risultato di un eccessivo utilizzo delle tecnologie è che il pensiero lento, quello atto alla riflessione profonda, all’apprendimento e all’educazione, va in corso a deperimento, in favore di una reattività necessaria a sostenere i ritmi della società di oggi, ma ben poco adatta a meditazioni alte.«Come tutti gli strumenti di comunicazione, anche la rete non è esente da cattivi usi e abusi che, negli ultimi anni, hanno talvolta portato ad osservare nel campo della salute mentale, una moderna forma di dipendenza, definita internet-dipendenza, retomania o anche Internet Addiction Disorder – conclude Vender – Trascorrere troppo tempo su Internet può causare cambiamenti nel cervello simili a quelli causati da droga, alcol e da azzardo patologico».