Noi stiamo con Fabrizio Castori Ma lui ascolti il vento di Masnago

VARESE Quando nella vita parti con un’idea, soprattutto se l’idea è incarnata da un uomo, c’è un solo modo per arrivare in fondo: difenderla. E difenderla anche quando esci dallo stadio con le orecchie che fischiano per tutta la rabbia sfogata da una parte della tribuna contro Fabrizio Castori, sempre più bersagliato anche da altri settori dello stadio.

Questa contestazione ormai non più strisciante è totalmente immeritata se parte dal presupposto irrealistico d’un fallimento in caso di mancati playoff o, ancor peggio, mancata promozione in A. Castori avrà anche fallito per l’ennesima volta a menar subito le danze con la formazione iniziale (se i primi tempi sbagliati sono colpa sua, altrettanto lo sono i secondi tempi azzeccati), ma senza un paio di papere in difesa avrebbe battuto il Sassuolo, che in B è più forte e invincibile della Juventus di Deschamps. Di più: indicateci quali giocatori del Varese sarebbero da serie A a parte Neto Pereira, Zecchin ed Ebagua (con loro in campo siamo sì da playoff, ma appena mancano, soprattutto il primo, diventiamo una squadra normale: fa così male ammettere la normalità, che poi è l’eccezionalità del Varese?).

Ma visto che il pubblico è sacro, e che non avevamo mai visto una situazione di aperta insofferenza nei confronti di un allenatore biancorosso, il cuore dello stadio va ascoltato quando si sente ferito da un Varese che da troppo tempo non scende più in campo da Varese. E cioè giocando novanta minuti, e non quarantacinque, da outsider che corre più dell’avversario (certo che con Grillo e Nadarevic, rispetto a Franco o a questo pallido Ferreira Pinto, era un altro correre) e non da favorito con chissà quali ossessioni o terrori.

Questa squadra, caro Fabrizio, è sempre stata un’unica cosa con la sua gente. La sensibilità e lo spirito che salgono dagli spalti non possono essere ignorati, perché senza d’essi il Varese – che si nutre soprattutto di sensibilità e spirito, non avendo altre armi – sarebbe morto. Quest’anima e questa nostra storia chiedono di giocare come se stessimo perdendo dal primo minuto della partita. Chiedono pressing, chiedono fasce, chiedono cavalcate, chiedono rischio sempre, subito e ovunque, non quando non puoi farne a meno.

Chiedono Odu, chiedono Neto, chiedono Fiamozzi, chiedono Lazaar perché alle loro spalle c’è il vento di Masnago, un’arietta leggera fatta di pirateria, varesinità, gioventù, signori nessuno con le spalle al muro. È questo vento ad averci portato fin qui. Ascoltalo e seguilo, Fabrizio, e spingerà lontano anche te. Mal che vada, tra un anno saremo ancora in serie B.

Andrea Confalonieri

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