Ognuno è libero di fare quel che vuole: dev’essere però pronto ad accettare le conseguenze delle sue azioni. Lo abbiamo scritto ieri parlando di De Nicolao e lo ripetiamo oggi: perché quella è una realtà che vale per tutti. Anche per noi, ovvio. Questo significa che lo sapevamo. Sapevamo che le nostre venti righe uscite ieri, quelle in cui abbiamo commentato a modo nostro (senza peli sulla lingua, senza paura di dire quel che pensiamo, senza timore di calpestare qualche piede sbagliato) la firma di De Nicolao
a Verona avrebbe suscitato delle reazioni. Lo sapevamo, ed eravamo pronti ad accettarle. Le reazioni sono arrivate, puntuali: forti e decise, segno che evidentemente si è andati a toccare un nervo scoperto. In tanti ci hanno scritto per farci i complimenti e per dire che erano d’accordo con noi, in tanti ci hanno manifestato il loro civilissimo dissenso. Certo, qualcuno è andato oltre (ma ci sta pure questo, o no?): messaggi anonimi, minacce velate, idiozie assortite, articoli dedicati su internet (senza firma, ça va sans dire).
Questo per aver detto la nostra. Per aver scritto che secondo noi De Nicolao non ha fatto una bella figura andandosene da Varese perché nessuno gli garantiva i galloni da titolare (convinto forse che il suo agente avesse la scrivania piena di offerte), per poi finire a Verona (bellissima città, società ambiziosa: ma in serie B). E per aver scritto che andrà a guadagnare più soldi. Tutto qui? Tutto qui.
Oggi, la nostra risposta: la dobbiamo ai nostri lettori, a chi era d’accordo con noi e a chi ci ha dato contro, e pure a noi stessi. Abbiamo offerto a De Nicolao questa pagina, tutta intera e senza guinzagli come è sempre stato da queste parti: non ci ha voluto parlare. Legittimo, ci mancherebbe: ma secondo noi ha sbagliato. Mica l’abbiamo lasciata vuota, questa pagina: ha ospitato il presidente della Pallacanestro Varese e una leggenda assoluta come Aldo Ossola. Che hanno detto la loro sulla questione (schierandosi più o meno dalla nostra, tra l’altro).
E poi, queste righe con qualche risposta: tutte dovute. Ci è stato detto che noi, da giornalisti sportivi, dovremmo occuparci di sport e non di economia. Fesserie. Perché parlare di contratti e di stipendi fa parte, da sempre, della quotidianità di chi si occupa di sport: roba normale in tutte le altre realtà, argomento tabù soltanto nel basket dove chiedere lumi sui mensili elargiti ai giocatori equivale a una mezza bestemmia e qualcuno ci spieghi il perché. Ci è stato detto che abbiamo sbagliato: De Nicolao a Verona guadagnerà meno di quel che guadagnava a Varese. Può essere e ci fidiamo: ma se così fosse secondo noi il giocatore ci fa una figura ancora peggiore. Ci è stato detto che siamo troppo tifosi nelle nostre uscite: grazie, è un complimento, significa che abbiamo quel cuore e quella passione che troppi colleghi in Italia hanno perso per strada.
Poi, un amico ha chiamato per chiedercelo: «Perché ve la siete presa così per De Nicolao?». Forse perché da un ragazzo di vent’anni (a cui auguriamo ogni bene, senza ironia) ci aspettiamo la voglia di sognare e di provarci, non quella di accontentarsi. Ci aspettavamo una roba del tipo: «Io sono piccolo e peso come una piuma, ma voglio giocare in serie A e fare il mazzo ai play più forti d’Europa». Non è una frase nostra: la disse un certo Pozzecco, quel giorno del 1994, quando da Livorno sbarcò a Varese per conquistare il mondo.
Francesco Caielli
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