È stata la magnifica presenza di Ferzan Ozpetek ad aprire, ieri sera, la dodicesima edizione del Baff. Il regista ha presentato il suo “Allacciate le cinture”, la storia di un amore travolgente messo alla prova prima dalla routine e poi dalla malattia.
La vita, insomma, quando il viaggio è sconvolto dalle turbolenze. Da qui il titolo: «Prima o poi per tutti arriva il momento in cui si ha bisogno di sicurezza – spiega Ozpetek – È allora che bisogna allacciare le cinture».
È così. Quando ho proposto ai produttori una storia d’amore e di cancro mi sono preso più di un “no”: il pubblico, mi dicevano, di cancro non vuole sentir parlare. Ma è proprio per questo che ho insistito, pur sapendo che il film avrebbe rappresentato una rottura e non avrebbe ripetuto gli incassi di altri miei titoli. Siamo tutti vittime di questa sorta di follia: la morte, la malattia ci terrorizzano, e allora non ne parliamo. Affrontare il problema, invece, è liberatorio.
È la realtà delle cose: l’oncologa con cui mi sono consultato mi ha spiegato che i medici hanno sempre l’accortezza di lasciare al malato e al suo partner momenti di intimità. Una mia amica alla cui storia mi sono ispirato mi ha detto di avere sempre avuto rapporti con il marito. Cos’è fare l’amore se non il modo più potente di remare contro la morte? È proprio in situazioni del genere che viene fuori l’amore, quello vero.
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