Ok al super canguro 35mila emendamenti cestinati e Italicum 2.0

La partita al Senato finisce 175 a 110 per Renzi. «Bel passo avanti, minoranza Dem è ininfluente». Bersani: «Non voluta una mediazione possibile»

L’Italicum viaggia spedito verso l’approvazione definitiva nella versione definita con il patto del Nazareno tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi. Nessun cedimento dunque alle minoranze interne di Pd e Forza Italia, che anche ieri si sono fatte rumorosamente sentire.
Dopo l’ok strappato martedì dal segretario al vertice dei senatori del Pd (pur con 29 onorevoli su 102 in dissenso), ieri è arrivata la “ratifica” formale di palazzo Madama, con l’approvazione dell’emendamento Esposito. Passa dunque il “super canguro” che recepisce l’Italicum 2.0 e cancella di colpo 35mila emendamenti, su 47mila presentati. I voti a favore sono stati 175, 110 quelli contrari, due gli astenuti.

L’Aula del Senato aveva precedentemente bocciato entrambi gli emendamenti presentati dal dissidente Pd Miguel Gotor alla legge elettorale. Il primo emendamento a essere respinto – hanno votato contro 170 senatori, a favore 116 (tra cui M5S), 5 gli astenuti – era volto a introdurre una proporzione del 70 e del 30 per cento tra eletti e nominati, in aperta polemica con i capilista bloccati. Il Senato ha bocciato anche la seconda proposta con 168 no, tre astensioni e 108 onorevoli che hanno votato a favore.

Con l’approvazione del “super canguro”, non solo si riducono i tempi di approvazione dell’Italicum, ma lo stesso testo della riforma cambia. L’emendamento prevede che le liste di candidati presentate in 20 circoscrizioni elettorali siano suddivise nell’insieme in 100 collegi plurinominali. L’elettore può esprimere fino a due preferenze, per candidati di sesso diverso tra quelli che non sono capolista.
Accedono alla ripartizione dei seggi le liste che ottengono, su base nazionale, almeno il 3 per cento dei voti validi. Sono attribuiti comunque 340 seggi alla lista che ottiene, su base nazionale, almeno il 40 per cento dei voti validi o, se la soglia minima non viene raggiunta, a quella che prevale in un turno di ballottaggio tra le due con il maggior numero di voti, esclusa ogni forma di collegamento tra liste . C’è, infine, la “clausola di salvaguardia” voluta da Forza Italia, per cui l’Italicum entrerà in vigore da luglio 2016.

«Non si molla di un centimetro», aveva detto ieri mattina il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, rispondendo alle telecamere di Sky tg24 sulla legge elettorale, a Davos, dove ha preso parte al World Economic Forum . «Il percorso di cambiamento che l’Italia ha iniziato sta continuando», ha aggiunto Renzi, assicurando: «Non ci fermiamo. Ci sono polemiche, è normale, ma non si molla di un centimetro».
Alla notizia dell’approvazione dell’emendamento Esposito, il premier si è lasciato andare soddisfatto: «La legge elettorale oggi ha fatto un bel passo in avanti». Renzi poi ha sminuito il peso del dissenso interno al suo partito: «Prendo atto che come sul Jobs Act una parte della minoranza del mio partito decide di muoversi in autonomia.È una posizione che non condivido, ma questo è ininfluente ai fini del risultato finale».

«Il percorso dell’Italicum è messo in sicurezza», ha commentato dopo il voto il vicepresidente del gruppo Pd al Senato Giorgio Tonini. «I dissenzienti del Pd – ha ripreso Tonini- hanno espresso la contrarietà su un punto, pur apprezzando per la verità l’impianto complessivo della legge».
«La maggioranza istituzionale ha perfettamente tenuto », ha commentato soddisfatto anche Maurizio Sacconi, capogruppo di Ap (Udc più Ncd) al Senato.

L’esito del voto era annunciato, ma il capo fronda del Pd, Gotor, aveva comunque cercato in Aula di dissuadere i senatori: «La norma sui capilista va cambiata per evitare i rischi di incostituzionalità, che dopo 10 anni di Porcellum sarebbero intollerabili. Ne va della credibilità del Parlamento» aveva detto il senatore Dem, illustrando l’emendamento.
La spaccatura nel Pd rischia di rivelarsi più profonda di quanto emerso ieri al Senato: sono stati infatti circa 140 i parlamentari Dem che hanno preso parte alla riunione della minoranza democratica post voto convocata da Pier Luigi Bersani. L’ex segretario si è poi sfogato: «Renzi lo sa benissimo: c’era una possibile mediazione sull’Italicum e loro non hanno voluto mediare».