Omicidio al camping di Azzate: è condanna a 12 anni

Ammendola non convince il gup. Difesa sugli scudi: ricorreremo

– Omicidio al camping Sette Laghi: condannato a 12 anni di carcere. Il pubblico ministero aveva chiesto 14 anni. Il difensore : «Attenderemo le motivazioni ma ricorreremo sicuramente in appello. Fu un omicidio colposo, non volontario».
, 47 anni, coetaneo di Ammendola fu ucciso con un colpo di pistola nella tarda serata del 23 giugno 2013. A sparare fu Ammendola, reo confesso, che si presentò in questura dopo il fatto accompagnato dalla fidanzata autodenunciandosi.

Ex guardia giurata, Ammendola era in possesso di regolare porto d’armi. L’omicidio avvenne nel suo bungalow all’interno del camping dei veleni. L’area infatti era finita sotto sequestro nel settembre 2012 per ordine dell’autorità giudiziaria. Per la procura di Varese quello altro non era che un maxi abuso edilizio. Ai residenti fu ordinato di lasciare le loro casette. Per alcuni, tra questi anche Marino e Ammendola, quello era il rifugio della vita. In quei bungalow avevano investito tutti i loro risparmi.

/> Ammendola ieri era in aula (era ai domiciliari) e si è detto assolutamente «pentito di ciò che ho fatto. Mai avrei voluto uccidere Marino».
Quelli dopo il sequestro furono giorni caldissimi. I residenti erano pronti alla rivolta. Prima del delitto ci fu una riunione infuocata con parecchio alcol. I due poi andarono nel bungalow di Ammendola per bere ancora. Per la procura Ammendola, ubriaco, puntò una delle sue pistole regolarmente detenute contro Bonetti facendo fuoco per uccidere. Per l’avvocato Franchi, dunque, fu «un incidente. Omicidio colposo. Il mio assistito non sapeva vi fosse il colpo in canna. Era ubriaco. Agitando la pistola gli è partito un colpo». Che ha colpito Bonetti, seduto di fronte a lui, dritto in fronte.

Ieri, prima della sentenza pronunciata dal gup intorno alle 18, è stato ascoltato il perito balistico del Ris di Parma. Impossibile stabilire con esattezza se quel colpo partì accidentalmente o meno. Certo, però, la pistola doveva essere armata e per premere il grilletto occorreva una certa forza. Non era insomma questione di sfiorarlo appena.
Il pubblico ministero ha concesso l’attenuante dell’ubriachezza. Ammendola era effettivamente ebbro al momento del fatto. Così come lo era Marino. Di fatto non è mai stato individuato un movente certo per l’omicidio. La procura ha ipotizzato il litigio.
Ammendola era da tutti considerato una testa calda. Con pesanti problemi di abuso di alcol. Una sorta di “cowboy” che spesso e volentieri tirava fuori le pistole maneggiando,e con arroganza. Ma non avrebbe mai minacciato nessuno. E con Bonetti non c’erano stati screzi.

Il gup ha concesso le attenuanti generiche, partendo nel conteggio dovuto in sede di rito abbreviato, che prevede lo sconto di un terzo della pena, da una pena più alta rispetto a quella chiesta dallo stesso pubblico ministero. «Ricorreremo in appello – aggiunge Franchi – Il mio assistito non voleva uccidere, e lo dimostreremo in secondo grado».
Bonetti è morto da uomo solo. Nessuno, ed è rarissimo, si è costituito parte civile in seno al processo per la sua morte. Ammendola, per contro, durante questi mesi si è impegnato in un percorso di disintossicazione dall’alcol. Alcol che avrebbe giocato un ruolo molto pesante in tutta la vicenda.