BUSTO ARSIZIO – Sconcerto nel quartiere di Beata Giuliana, dove gli investigatori della Squadra Mobile di Milano hanno eseguito i fermi a carico di Elvis Simoni, 33 anni, Valentina Peroni, 36, e del marito Emanuele Paganini, 38. I tre sono ritenuti i presunti responsabili dell’omicidio di Hayati Aroyo, 62enne italo-turco trovato carbonizzato lo scorso 23 luglio a Sesto San Giovanni, dopo essere stato massacrato con trenta coltellate.
Una vita sotto traccia
I vicini li descrivono come “fantasmi”: vivevano tutti e tre in un unico appartamento, ma quasi nessuno nel quartiere li conosceva davvero. Pochi saluti di circostanza e una vita molto riservata, che nascondeva però precedenti per truffa a carico della coppia e vecchi reati legati all’immigrazione clandestina per Simoni.
Dai festini al delitto
In un primo momento gli inquirenti hanno temuto un collegamento con ambienti criminali internazionali, dato che Aroyo era cognato del boss turco Hüseyin Saral, assassinato a Crotone nel 2005. Le indagini hanno però portato altrove: siti di incontri, feste private a base di cocaina e rapporti poco limpidi con i tre fermati, che si rifornivano di droga proprio dalla vittima.
La trappola
Secondo la ricostruzione, il 19 settembre Peroni fissò un incontro con Aroyo, che le inviò persino un bonifico per il taxi. In realtà era un agguato: una volta in casa, la donna aprì la porta a Simoni, che lo colpì al petto con la prima coltellata. In totale furono 30 i fendenti. Il corpo, cosparso di candeggina, venne poi dato alle fiamme. Paganini, stando agli inquirenti, faceva da palo all’esterno.
L’errore fatale
Il trio cercò di usare le carte di credito della vittima per spese nei negozi e persino per giocare in una sala slot. Proprio questo dettaglio ha permesso agli investigatori di identificarli: le telecamere di sorveglianza e i tabulati telefonici hanno incastrato la coppia e Simoni, che davanti al pm di Monza ha fatto alcune ammissioni.
Il movente
All’origine del delitto, secondo gli inquirenti, ci sarebbe il timore che Aroyo diffondesse un video compromettente della donna con un altro uomo. Un’ossessione che avrebbe portato i tre a covare un rancore crescente fino alla decisione di eliminarlo. Significativo un messaggio inviato da Simoni a Peroni dopo il delitto:
«Avevo paura di provare pietà ma non l’ho provata. Quando guardavo era per vedere se provavo qualcosa, ma nulla».