Il puzzle è ora completo. Il progetto inerente al basket giovanile, che in città affiancherà quello portato avanti da Pallacanestro Varese e Robur et Fides, ha in un gruppo di cinque persone la squadra che lo porterà avanti. Da tutti i punti di vista: tecnico, amministrativo e finanziario. Sono gli ex giocatori (e leggende) Dodo Rusconi, Aldo Ossola e Fabio Colombo, più Fabio Tedeschi (figlio di Adalberto, presiedente della grande Ignis) e Gianfranco Ponti, il cui nome non ha parimenti bisogno di presentazioni in quella Varese che già lo scorso anno ha imparato a conoscerlo per la sua offerta di entrare nella Pallacanestro Varese.
Ieri l’imprenditore varesino ha parlato a “La Provincia” proprio di quello che sarà il suo ruolo nella costituenda società, quasi a completare il mosaico già parzialmente svelato nei giorni scorsi dalle parole di Ossola e di Rusconi. Espressamente stimolato sull’argomento, Ponti ha anche fatto alcuni cenni agli eventi che lo hanno visto protagonista ad aprile 2015, precisando la propria attuale posizione. Partiamo da principio, ovvero da quella realtà che dovrebbe vedere espressamente la luce nel corso della prossima settimana, una volta adempiute tutte le formalità burocratiche sottese alla creazione di una nuova entità giuridica. Il nuovo polo giovanile nascerà da un’amicizia e non si tratta solo di quella cementata in anni di trionfi tra chi un tempo combatteva per scudetti e coppe dei campioni: la scintilla che ha portato Ponti a sposare il progetto sta nel suo rapporto di vecchia data con Fabio Colombo, compagno dell’imprenditore al liceo scientifico Ferraris di Varese in una classe che aveva tanti innamorati di pallacanestro: «Eravamo in tre o quattro a giocare a basket, lui era il più bravo – racconta Ponti – Siamo amici da quell’epoca e mi fido ciecamente di lui: la proposta che mi ha fatto mi è piaciuta molto, anche perché ha costituito un team di persone molto valido per portarla a compimento».
Rusconi si occuperà della parte tecnica, lavorando sul campo. Ossola metterà la sua immagine di campione al servizio dei giovani, Tedeschi e Colombo saranno rispettivamente presidente e team manager. E Ponti? «Io darò il mio sostegno finanziario e un apporto manageriale esterno, ma non avrò un ruolo gestionale. Sono uno dei promotori dell’iniziativa, uno dei cinque di un progetto in cui ognuno metterà quanto è nelle proprie specifiche competenze». Al di là dell’amicizia con Colombo e della fiducia riposta sia nell’idea, sia nelle persone che ne saranno i fautori materiali, Ponti ha avuto anche un’altra ragione per sposare l’avventura. Chi rammenta le parole usate dall’imprenditore un anno fa, quando lo stesso si candidò a rilevare parte delle quote della Pallacanestro Varese, la conosce già: «Voglio partecipare a tutti i progetti che fanno parte di quella linea che avevo comunicato a suo tempo e il settore giovanile è uno di questi, insieme al basket in carrozzina. Faccio quello che volevo fare e non mi hanno lasciato fare. Due anni fa proposi a Cecco Vescovi di dare una mano per crescere i giovani: mi rispose di sì, ma poi arrivò un no definitivo dal resto della società».
Domanda secca: è questo il preludio per un nuovo interesse nei confronti della Pallacanestro Varese? La risposta è servita e non ha bisogno di tanti corollari, come è nello stile del nostro interlocutore: «Quel discorso è morto per me. Se arrivasse qualche proposta verrà valutata, ma mi piacerebbe che fosse ben chiara una cosa: io non ho mai avuto l’intenzione di sostituirmi al Consorzio. Penso che né il sottoscritto, né lo stesso Varese nel Cuore abbiano le forze per andare avanti da soli: Consorzio, più Ponti, più “gli amici di Ponti” ok, da solo no». L’ultima battuta è sul qui e ora della Openjobmetis: «Non mi permetto di dare alcun giudizio sulla squadra – conclude Ponti – Non ho gli elementi per farlo dal punto di vista sportivo e non conosco il budget che è stato usato per costruirla. Penso però che abbia un buon allenatore sulla propria panchina».