Papa in moschea ad Amman. “Religione non serva la violenza”


Amman, 10 mag. (Apcom)
– Nel paese in cui la regina riferisce
della visita del Papa su ‘Twitter’ e un principe gli fa strada in
moschea entrando coi sandali (e inducendo il Pontefice a fare
altrettanto e non togliersi i mocassini rossi, come pure fece
nella laica Turchia), Benedetto XVI ‘riscrive’ il discorso di
Ratisbona.

Sono passati tre anni da quando Ratzinger tornò a indossare i
panni del professore e, all’università della cittadina bavarese,
tenne una ‘lectio’ sulla ragionevolezza della fede. Tema
apparentemente accademico, che dette invece il fuoco alla
santabarbara delle polemiche nel mondo islamico. Causa, la
citazione infelice che il Papa fece di un dialogo di epoca
bizantina – in cui un imperatore sosteneva che Maometto aveva
portato solo “cose cattive e disumane” – e di un commento a quel
dialogo (“Per la dottrina musulmana Dio è assolutamente
trascendente. La sua volontà non è legata a nessuna delle nostre
categorie, fosse anche quella della ragionevolezza”).

Seguirono chiarimenti vaticani, incontri diplomatici e simposi interreligiosi e, infine, il viaggio in Turchia. Benedetto XVI entrò (scalzo) nella moschea blu di Istanbul e la ferita sembrò cicatrizzata. Ancora oggi il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, ha detto che le spiegazioni date da allora sono “buone e sufficienti”. Ma il malumore, sotterraneo, è continuato. I Fratelli musulmani giordani

avevano chiesto al Papa di rinunciare al viaggio in Terra Santa mescolando, tra i motivi, Ratisbona e Striscia di Gaza. Il principe Ghazi Bin Talal, oggi, ha ringraziato per il “rammarico” espresso dal Papa su Ratisbona, puntualizzando, poi, che la figura di Maometto è “completamente e interamente differente” dall’immagine che ne ha dato la storiografia occidentale.

E Benedetto XVI ha messo i puntini sulle ‘i’. Dopo aver visitato
(calzato) la moschea al-Hussein Bin Talal ad Amman, in Giordania,
ha sostenuto che musulmani e cristiani, “proprio a causa del peso
della storia comune così spesso segnata da incomprensioni”,
devono “impegnarsi per essere individuati e riconosciuti come
adoratori di Dio fedeli alla preghiera”, “misericordiosi e
compassionevoli”, e smentire, così, nei fatti, la “manipolazione
ideologica della religione” che, oltretutto, offre il fianco agli
“oppositori della religione”. Poco prima, sul sito dove sorgerà
l’università cattolica di Madaba, aveva denunciato il caso in cui
la religione “viene costretta a servire l’ignoranza e il
pregiudizio, il disprezzo, la violenza e l’abuso”. Un attacco
neanche velato a quei fondamentalismi che – lontano dalla
Giordania – uccidono in nome di Allah (o di Dio o di Jhavé). Poi,
di nuovo sulla ragionevolezza: “Quali credenti nell’unico Dio”,
cristiani e musulmani sanno che “la ragione umana è in se stessa
dono di Dio”. Certo, le differenze ci sono. I cristiani
“descrivono” Dio come “ragione creatrice”, mentre i musulmani
“adorano” Dio, “creatore del cielo e della terra”. Ma la ragione
– è il ragionamento – non è loro esclusa. E, comunque, “insieme,
cristiani e musulmani sono sospinti a cercare tutto ciò che è
giusto e retto”.

Intanto in Israele, dove Ratzinger si trasferirà dopodomani, i
giornali danno grande spazio alla frase pronunciato in mattinata
sul “vincolo inseparabile” che unisce ebrei e cristiani. Ma in
Giordania è il Papa alla moschea che assorbe l’attenzione di
tutti. Il patriarca greco-melkita Gregorio III fa appello a lui
per una “pace giusta e durevole” in Palestina. E la regina Rania
continua ad aggiornare ‘Twitter’. Rrinfrancata dai complimenti
del Papa, che ha pubblicamente ha lodato “la sua dedizione” nel
promuovere l’educazione, lei domanda col linguaggio sincopato del
‘social network’ “75 milioni di bambini non vanno a scuola. Che
possiamo fare?” (“75m kids out of school. Wht cn WE do abt it?”).

Ska

MAZ

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