Nel nome del Peo. Basterebbe questa sola frase per dire tutto. Senza aggiungere altre parole. Basterebbe questa frase per far venire, a chi ama il Varese, un brivido (il più intenso) lungo la schiena, e le lacrime agli occhi. E vedere giocare il Varese come sabato, nel nome del Peo, è come un salto ad occhi chiusi nell’infinito. Vedere Virgilio Maroso, con quella coppa in mano che recita “Primo Memorial Peo Maroso”, baciata dal sole, dal Sacro Monte e dal profumo del Franco Ossola, è emozione allo stato puro.

Virgilio Maroso con la coppa del torneo in memoria del Peo
(Foto by Ezio Macchi)
Emozioni su emozioni. Quando avvengono determinati avvenimenti, non potrebbe essere nulla di diverso.
Quando ho preso in mano la coppa, sicuramente. Leggere lì, su quel metallo, il nome di mio papà, mi ha fatto un certo effetto.
Sì: dandola al capitano del Genoa, mi è sembrato che tutto tornasse. Mio papà ha allenato proprio il Genoa a fine anni 70.
Certo. Quando sono arrivato allo stadio, immaginavo già di consegnarla a Marrazzo. Ma il calcio è anche questo: nulla è scontato. Sono felice che sia andata così.
Questa, forse, è stata la cosa più bella. Mi ha ricordato un Varese-Bari, penso finito 1-1, giocato qualche giorno dopo la scomparsa di papà. Giorni convulsi, quelli. Ero sotto shock, e non realizzai subito l’amore della gente per lui. Ma oggi, mi torna alla mente tutta quella gente che mi fermò per Varese dicendomi: «Io vado allo stadio, per applaudire al Peo, per salutarlo l’ultima volta».
Sì. È stato così allora, e pure ieri. Poi, rivedere le facce amiche che non vedevo da un po’ mi ha fatto ancora più piacere…
Bruno è stato un grande amico di mio papà. E anche mio.
Con Bruno non servono le parole, basta un solo suo sguardo per raccontarmi tutto. Poi, mi ha fatto piacere riabbracciare Enzo Rosa. Sapete cosa mi è successo, sabato?
Che ero seduto in panchina, assieme a Enzo. E mi è arrivato dentro, fino al cuore, il profumo del prato del Franco Ossola. Un profumo inspiegabile, che sa darti sensazioni inspiegabili.
Ieri sono andato al cimitero, a trovare mio papà – quando ho bisogno di trovare la giusta ispirazione, la giusta strada, gli vado a parlare. Così gli ho detto: «Hai visto? Ti hanno fatto anche il torneo con la coppa…»
Mi piace immaginare che da lassù, abbia sorriso, come faceva sempre lui.
Andate avanti. Andate avanti così: cos’altro potrebbe dire dopo una stagione del genere?
Che Vavassori è fatto così: o lo si ama o lo si odia. Chi lo odia, come è successo a Busto Arsizio, sbaglia. A lui posso dire: entra direttamente nel Varese. Per Ricky Sogliano il discorso è diverso: una sua parola vale più di tutto. Bisogna ascoltarlo perché lui sa cosa è meglio per noi. Basta un suo cenno per sapere che giocatori prendere: e, quando saremo al nostro punto di partenza, in Lega Pro, il suo aiuto e quello di suo figlio Sean saranno fondamentali.
Limido è nato e cresciuto sotto il Sacro Monte. Rivederlo sugli spalti, come sabato, a parlare di calcio è qualcosa che non ha prezzo. Basta la sola sua presenza per dare quello stimolo in più, se mai dovesse servire.