Una carriera lunga quasi 6.000 partite, iniziata quasi per caso e trasformata in una missione fatta di dedizione, amore per il gioco e tanta umanità. Viviano Molinari, storico arbitro varesino, ha recentemente diretto la sua ultima partita federale. Ma la sua storia non si chiude qui.
Il primo fischio lo emise a Maccagno, l’ultimo pochi giorni fa a Origgio. Nel mezzo, l’intera provincia di Varese percorsa in lungo e in largo con la valigia del direttore di gara sempre pronta. La FIP, per regolamento, fissa a 65 anni il limite d’età per arbitrare: «Mi avevano già concesso una deroga, ma ora si chiude questo capitolo. Anche se – rassicura Molinari – nei tornei amatoriali e promozionali continuerò volentieri».
Dalla panchina al parquet… come arbitro
In realtà, il primo sogno di Viviano era quello del giocatore e poi dell’allenatore. Cresciuto nelle giovanili della Robur et Fides, ha calcato i parquet con la maglia di Bizzozero prima di diventare coach nella sua Velate, portando la squadra fino in Promozione. Ed è proprio lì che accade la svolta: «All’epoca, per allenare, bisognava arbitrare almeno 40 partite. Iniziai per obbligo, ma mi piacque subito». Decisivo l’incontro con figure storiche dell’arbitraggio come De Simone e Tallone: da quel momento, addio lavagnetta, benvenuto fischietto.
Un basket senza confini
Nel corso degli anni, Molinari ha arbitrato ogni tipo di basket: giovanile, senior, carrozzina, sordi, FIMBA (il maxi basket per atleti over 40). Ha diretto incontri della Serie C, amichevoli internazionali, gare della Nazionale paralimpica e perfino partite con giovani promesse poi diventate star NBA. «Mi è capitato di arbitrare LeBron James da ragazzino al Memorial Rizzi – racconta – ma anche di dare un tecnico al leggendario Rick Pitino in una sfida tra Varese e l’università di Kentucky. Quella volta, però, il fischio lo diede il mio collega Virginio Sala, con cui ho condiviso tantissime partite».
Tra le esperienze più speciali, le amichevoli di Eurolega tra Lions San Pietroburgo e Lugano, e i Mondiali FIMBA a Montecatini, Pesaro e quelli imminenti in Svizzera. E tra i tantissimi campioni incrociati in carriera? «Komazec il più forte, Pace Mannion il più “complicato” da gestire».
Una passione lunga una vita
Per restare sulla cresta dell’onda per quasi quattro decenni, ci vuole qualcosa in più del semplice amore per lo sport. «Servono sacrifici, forma fisica, attenzione, tanto tempo libero e una passione incrollabile. Ma in cambio ho ricevuto tanto, ho conosciuto persone splendide e, spero, lasciato un bel ricordo».
Il suo marchio di fabbrica? La rapidità. «Accorciavo un po’ il pre-partita, gli intervalli… ma i 40 minuti si giocavano sempre tutti. Qualcuno mi diceva: “Meno male che ci sei tu, almeno si finisce presto… e bene”».
Il futuro? Ancora in campo
Molinari ha visto nascere e crescere decine di giovani arbitri. Ha condiviso il campo con tante promesse del fischietto, anche se con un rammarico: «Purtroppo nessuno è arrivato in Serie A. È da troppo tempo che manca un arbitro varesino ai vertici. E negli ultimi anni, purtroppo, si fa fatica anche a trovare nuovi ragazzi disposti a iniziare questo percorso».
Ora che la sua avventura in FIP è terminata, Viviano non ha intenzione di appendere il fischietto al chiodo. «Continuerò negli amatoriali, finché le gambe e la voglia mi reggeranno. È la mia passione. E le passioni, quelle vere, non finiscono mai».