Pedemontana, aleggia sempre più minaccioso lo spettro del fallimento: anche per il perito nominato dal tribunale fallimentare di Milano la società verserebbe «in stato di insolvenza». Ormai sembra che solo Roma possa salvare l’opera-simbolo del “federalismo infrastrutturale” lombardo.
La rivelazione è uscita ieri sulle pagine milanesi di “Repubblica”, che ha parlato di «fallimento inevitabile»: il commercialista , incaricato dal tribunale fallimentare di fornire un parere sulla richiesta di fallimento della società Autostrada Pedemontana Lombarda, avanzata dai Pm e , avrebbe di fatto confermato la tesi della Procura di Milano.
«La società è in stato di insolvenza» la sintesi delle ottanta pagine di analisi dei bilanci Pedemontana, firmate dal consulente nominato dal collegio di cui fa parte il giudice, in vista della prossima udienza fallimentare di lunedì 4 dicembre. Arcuri era chiamato a dirimere la contesa tra la tesi dei Pm, forti di una consulenza tecnica di seimila pagine di , secondo cui la società non sarebbe «in grado far fronte agli impegni finanziari necessari per completare il progetto» per il collegamento tra Cassano Magnago e Osio Sotto, dato che «i ricavi nemmeno si avvicinano alle perdite», e quella contrapposta del pool di legali di Apl, guidato Luigi , secondo cui la richiesta di fallimento sarebbe «infondata, sia sotto il profilo giuridico che sotto quello economico-finanziario», in quanto «l’insolvenza della società non esiste e il conto corrente è in attivo».
La perizia super partes rappresenterebbe una vera doccia fredda per il destino del collegamento autostradale tra le province di Varese, Como, Monza e Bergamo. Per evitare che il tribunali dichiari il fallimento della società, occorre che da qui all’udienza del 4 dicembre si presentino dei fatti nuovi.
Lo stesso governatore puntava molto sullo sblocco dell’“atto aggiuntivo numero 2” alla convenzione tra Concessioni Autostradali Lombarde e la società Pedemontana, un documento fermo al Cipe che «potrebbe togliere argomenti alla richiesta di fallimento», come sosteneva il presidente della Lombardia prima di incontrare il ministro .
Se Roma non dovesse togliere le castagne dal fuoco, l’unica alternativa al fallimento consisterebbe nel reperire finanziamenti privati: la società è al lavoro per rinegoziare i termini di restituzione dei debiti contratti con le banche (200 milioni di euro), spostando la scadenza a oltre 10 anni, sempre che a garantire questa operazione, questa la richiesta degli istituti di credito, sia Regione Lombardia.
Soluzioni cercansi al più presto: anche per evitare di avviare il tavolo dell’autonomia lombarda con il “macigno” del fallimento di Pedemontana sulle spalle.