Città del Vaticano, 19 lug. (TMNews) – “Nell’attribuire gravi responsabilità alla Santa Sede per ciò che è avvenuto in Irlanda”, alcune accuse indirizzate al Vaticano dopo la pubblicazione dell’ultimo rapporto sui preti pedofili “non manifestano la consapevolezza di ciò che la Santa Sede ha effettivamente fatto nel corso degli anni per contribuire ad affrontare efficacemente il problema”. Lo afferma il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, in un intervento su ‘Radio vaticana’.
“Il Rapporto della Commissione di inchiesta irlandese sui casi di abuso su minori commessi da membri del clero nella Diocesi di Cloyne, pubblicato il 13 luglio, come quello che lo aveva preceduto sulla Arcidiocesi di Dublino, ha ancora una volta messo in luce la gravità dei fatti avvenuti, questa volta anche in un periodo piuttosto recente”, afferma il gesuita. “Il periodo preso in esame dal nuovo Rapporto va infatti dal 1.1.1996 al 1.2.2009. Le autorità irlandesi hanno inoltrato a Roma tramite il Nunzio copia del Rapporto chiedendo una reazione da parte della Santa Sede; si deve quindi prevedere – precisa Lombardi – che essa darà i suoi commenti e le sue risposte nelle forme e nei tempi appropriati. Per parte nostra pensiamo comunque opportuno esprimere alcune considerazioni sul Rapporto e i suoi echi, considerazioni che – come appena detto – non costituiscono però in alcun modo la risposta ufficiale della Santa Sede”.
Padre Lombardi si sofferma, in particolare, su una lettera, citata dal rapporto, con la quale – “in base a indicazioni ricevute dalla Congregazione del Clero” – il nunzio apostolico in Irlanda dell’epoca, monsignor Luciano Storero, criticava alcuni aspetti delle nuove linee-guida che i vescovi irlandesi stavano adottando nel 1996 dopo le prime avvisaglie dello scandalo e che prevedevano che le autorità ecclesiastiche riferissero alla polizia i casi sospetti. La vicenda è stata citata da alcuni esponenti del Governo irlandese per criticare il Vaticano.
“Che la Congregazione proponesse delle obiezioni – afferma Lombardi – era quindi comprensibile e legittimo, tenuto conto della competenza di Roma per quanto riguarda le leggi della Chiesa, e – anche se si può discutere sull’adeguatezza dell’intervento romano di allora in rapporto alla gravità della situazione irlandese – non vi è alcuna ragione per interpretare tale lettera come intesa a occultare i casi di abuso”. Più specificamente, “le obiezioni a cui faceva riferimento la lettera circa un obbligo di informazione alle autorità civili (‘mandatory reporting’), non si opponevano ad alcuna legge civile in tal senso, perché essa non esisteva in Irlanda a quel tempo (e le proposte di introdurla sono state oggetto di discussione per diversi motivi nello stesso ambito civile). Risulta perciò curiosa – afferma Lombardi – la gravità di certe critiche mosse al Vaticano, come se la Santa Sede fosse colpevole di non aver dato valore di legge canonica a norme a cui uno Stato non aveva ritenuto necessario dare valore di legge civile! Nell’attribuire gravi responsabilità alla Santa Sede per ciò che è avvenuto in Irlanda, simili accuse sembrano andare assai aldilà di quanto asserito nello stesso Rapporto (che usa toni più equilibrati nell’attribuzione delle responsabilità) e – conclude il portavoce vaticano – non manifestano la consapevolezza di ciò che la Santa Sede ha effettivamente fatto nel corso degli anni per contribuire ad affrontare efficacemente il problema”.
Ska
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