GALLARATE – Picchiava la moglie con una livella da muratore: ieri la prima udienza del processo che vede un marocchino di 28 anni imputato per maltrattamenti. La storia fece scalpore: la donna veniva picchiata anche mentre era in cinta del suo primo figlio (che oggi ha quasi un anno); il marito, che aveva iniziato a bere e aveva problemi sul lavoro, le impediva anche di uscire di casa per chiedere aiuto.
Lo scorso primo giugno la ragazza, 23 anni, era riuscita a fuggire dopo l’ennesimo pestaggio portando con sè il figlio appena nato. In ospedale a Gallarate i medici avevano subito capito: i lividi spaventosi sulle braccia, sul viso, sulla schiena della ragazza, erano inequivocabilmente frutto di un pestaggio. E lei, che a stento parlava italiano, aveva confermato indicando in una robusta livella da muratore l’oggetto utilizzato per colpirla; la polizia di Gallarate aveva arrestato il marito su ordine del pubblico ministero Nadia Calcaterra.
A quel punto l’intera comunità mussulmana si era stretta intotorno a lei: «Non è così che si tratta una donna – aveva sentenziato Hamid Mahfoudi, capo della comunità mussulmana di Gallarate – viviamo in tempi moderni e in un Paese civile. Noi siamo accanto alla ragazza per aiutarla e sostenerla».
Mahfoudi ieri era in aula al fianco della vittima in veste di interprete: l’italiano della donna è migliorato ma meglio non rischiare. Non solo; la ragazza è assistita dagli avvocati Dario e Vittorio Celiento che hanno accettato di patrocinarla gratuitamente; al momento la donna è in una comunità protetta con il figlio e ha espresso la volontà di divorziare dal marito violento. L’uomo, per contro, si è visto rifiutare gli arresti domiciliari anche perché le tre sorelle femmine rifiutarono di accoglierlo visto come si era comportato con la moglie. Ieri sono stati ammessi testi e prove; l’udienza è stata aggiornata al prossimo 24 novembre.
b.melazzini
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