Silvano Contin nel 1989 aveva una moglie e un figlio di otto anni, ucciso con la mamma dopo essere stato preso in ostaggio da due criminali, al termine di una rapina. Quindici anni dopo, l’unico dei due assassini catturato, Raffaello Beggiato, malato di cancro, chiede il suo perdono per poter uscire di prigione e non morire dietro le sbarre. E farsi dare la sua parte di bottino dal complice, di cui non ha mai voluto svelare il nome, e fuggire a godersi gli ultimi mesi di vita.
Il romanzo di Massimo Carlotto “L’oscura immensità della morte” diventa lo spettacolo teatrale “Oscura immensità”, al teatro delle Arti di Gallarate, con la regia di Alessandro Gassman su produzione di Teatro Stabile del Veneto e Accademia Perduta Romagni Teatri: oggi e domani alle 21 sono in scena Claudio Casadio, nel ruolo di Raffaello Beggiato, e, in quello di Contin, Giulio Scarpati.
Che racconta questa storia di vittime e carnefici, di dolore e morte.
L’adattamento teatrale è un po’ diverso dal libro: più compatto anche se è stato mantenuto l’aspetto giallo, con l’evoluzione dei personaggi, che cambiano in corso d’opera. Il teatro consente una riflessione, presentando il personaggio sotto svariati punti di vista. Di Silvano Contin volevo accentuare le difficoltà di una vittima nel trovare una ragione per continuare a vivere. Il problema è che, in casi come quello narrato, spesso le vittime sono quelle più trascurate: e quello della vittima è un dramma che si ripete. Silvano Contin ripercorre l’assenza della moglie e del figlio mentre la società tende a ignorare, perché la disperazione, il dolore, sono più difficili da gestire. Ho voluto raccontare la rabbia fortissima di un uomo, la disperazione di un’assenza, ma anche una società che condiziona un po’ le vittime a portare questo ruolo. E il percorso verso la follia di chi, nella sua condizione di solitudine, non è riuscito a rielaborare il lutto.
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