A volte sono le immagini a parlare, e non serve aggiungere altro. A volte sono le immagini a raccontare storie, e da un semplice scatto possono venir fuori le emozioni più belle.
Questo è uno di quei casi. Lo scatto è di Simone Raso, fotografo ufficiale della Pallacanestro Varese e cacciatore di situazioni. Siamo nella pancia del PalaWhirlpool e là fuori sta per scatenarsi la tempesta perfetta. I giocatori si stanno scaldando già da un po’, i tifosi hanno le gole bruciate dal tanto cantare: alla palla a due del derby con Cantù manca una manciata di minuti.

Nella testa, nelle vene e nello stomaco di Gianmarco Pozzecco si sta combattendo una guerra vera. Sensazioni che fanno a pugni: la paura contro la voglia di spaccare il mondo, l’umana insicurezza contro la certezza di vincere, la voglia di uscire e far esplodere la gente contro le lacrime che già bussano agli occhi. Pozzecco non si decide: tentenna, aspetta. Un po’ perché vuole centellinare gli attimi che precedono quel momento atteso e immaginato per mesi, un po’ perché una volta fuori non ci sarà più spazio per il romanticismo e bisognerà solo giocare.
Toto Bulgheroni lo vede e capisce tutto in un attimo. Lui, che il Poz lo conosce bene perché l’ha visto ragazzino e l’ha aiutato a diventar grande, legge negli occhi del suo figlioccio una richiesta d’aiuto. Silenziosa, ma insistente. Disperata e umana.
Due parole sussurrate: non una di più, non una di meno. Quelle che toccano i tasti giusti. E una mano appoggiata sulla spalla a far capire che il Poz non è solo. «Andiamo, tocca a te» sembra dirgli il Toto.
Qualche passo uno di fianco all’altro, fino all’uscita del tunnel verso il campo. Poi l’abbraccio si scioglie e quel figlio cresciuto ma non troppo va sulle sue gambe. Ecco l’esplosione, ecco le lacrime nascoste sotto l’asciugamano, ecco la vittoria e le capriole.
Ed ecco quel dito a indicare qualcuno dietro la panchina. Perché dopo aver saltato con le molle sotto la curva il Poz ha cercato gli occhi del Toto. Per dirgli «grazie», per dirgli «ora so di non essere solo».