Pozzecco: «Anch’io sposo col Menego Aridità e soldi battono la passione»

VARESE Gianmarco Pozzecco vince la prima partita in casa con la sua Capo d’Orlando e la Cimberio trova la prima sconfitta stagionale a Roma. Storie di numeri ed emozioni: con il Poz in panchina i siciliani giocano la partita perfetta, l’ex di Varese è un coach fuori da ogni schema, si scatena a bordo campo, si commuove a fine partita. Ed è felicissimo per Andrea Meneghin, fresco sposo.

«Io e Sandrino scappati di casa»
Sono estremamente contento per lui, so che stava davvero bene e il matrimonio è stato un passo quasi dovuto. Tra me, il Menego, De Pol e Tony Bulgheroni era una gara a non sposarsi. Oggi io e Sandrino sembriamo due scappati di casa da non avere ancora una famiglia. Andrea è una persona straordinaria, è sempre stato portato a prendersi cura di qualcuno all’interno della squadra, nei confronti dei giocatori più giovani. Ero preoccupato a un certo punto, lo vedevo troppo trasandato e pensavo che nessuno se lo filasse più, e invece… (ride) ora sono preoccupato per De Pol, è allo sbando. Invece il Menego è una parte di me. Ha scelto un percorso importante. Io sento la necessità di avere una famiglia e sarei contento se mi capitasse come successo a lui».

«Tanti soldi, zero sentimenti»Il Poz mette prima lealtà, passione, altruismo. «Indipendentemente dal livello e dai soldi la fonte di stimolo deve essere la passione. Lo sport sta diventando arido, troppi interessi economici. Anche allenando ci si prende troppo sul serio, sento tanti che dicono “dobbiamo lavorare molto”, invece io alleno e i miei giocatori

giocano, suona diverso. E nel gioco c’è la vittoria». Recalcati e Sacchetti sono esempi: «Posso dirlo perché li ho avuti, e non perché sono anche brave persone sono allenatori meno bravi, anzi. Cerco di far capire ai miei che devono raggiungere i loro obiettivi tramite la loro passione e la capacità di divertirsi».

«Sono un sentimentalone»
«Sono ancora più giocatore che allenatore, delle volte do troppa confidenza ma non posso fingere di essere quello che non sono, è una metamorfosi che mi ci vorrà del tempo per completare. Non rinnego che la cosa che mi spinge e mi fa dare il massimo è l’altruismo. Voglio mettere i giocatori in condizione di potersi esprimere. Vederli felici dopo la vittoria è stata una cosa impagabile, situazioni che io ho vissuto».
Però si confessa: «Questa cosa che mi sono commosso proprio non mi va giù, son diventato di un sentimentale… piango, ma che ci posso fare?». Non ha fretta Pozzecco: «Mi piace molto vivere qui, mi sento a casa e il fatto di prendere in considerazione di rimanerci molto mi affascina, non ho necessità oggi come oggi di far carriera, migliorare subito e fare l’Eurolega… il mio percorso è lungo eh, e per giocare contro Varese dovremo salire di categoria. Certo che mi piacerebbe, inteso come mia crescita con questa squadra. Il mondo dello sport è troppo condizionato dal risultato, nella carriera di un giocatore sono più le sconfitte che le vittorie, ma ci sono altre cose, come essere leali. Lo ha fatto Brescia con noi: eravamo molto avanti a poco dalla fine, alcune luci saltano e non si sono lamentati con gli arbitri per rigiocare o vincere a tavolino. Ecco, sono stati molto sportivi, hanno perso ma hanno anche vinto. Tu vinci quando sei leale».

«Venti sono un po’ troppe»
Varese ha perso la prima partita…
«Ma ne avete vinte talmente tante! Quante sono, venti col precampionato? Roma è una squadra che sta giocando un’ottima pallacanestro, la sconfitta ci sta assolutamente. Miniconsiglio da clamoroso tifoso di Varese quale sono: va metabolizzato subito questo ko perché non c’è l’abitudine a perdere, ma sarà facile con un allenatore talmente bravo e un ambiente così positivo. Varese deve essere contenta di quello che ha fatto finora, per noi è più brutto: abbiamo vinto la prima partita in casa, ma avrei preferito vincere tutte quelle prima e perdere l’ultima».

Francesca Amendola

a.confalonieri

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