Prevenzione cardiovascolare e uso dei dati sanitari: giornata scientifica all’Insubria

Domani all'università il convegno legato a una ricerca pubblicata sul prestigioso New England Journal of Medicine, cui ha contribuito il professor Marco Ferrario del Centro Epimed diretto da Giovanni Veronesi

VARESE – Mercoledì 4 giugno l’Università dell’Insubria ospita a Varese la giornata scientifica dal titolo «Towards “augmented” real-world evidence. Uso integrato di dati epidemiologici e flussi sanitari correnti per la prevenzione» promossa dal Centro ricerche in Epidemiologia e Medicina preventiva (Epimed) e dedicata all’approfondimento delle opportunità offerte dall’uso integrato dei dati sanitari per la ricerca e la prevenzione.

Giovanni Veronesi, responsabile scientifico della giornata e direttore del Centro Epimed, presenta il razionale dell’evento: «La giornata vuole mostrare il valore aggiunto dato dall’integrazione dei dati raccolti negli studi epidemiologici di popolazione con quelli provenienti dai così detti flussi sanitari correnti, quali ad esempio ospedalizzazioni, uso di farmaci, accessi al pronto soccorso, e cause di morte. Queste ultime banche dati, da sole, non sono sufficienti per rispondere pienamente alle esigenze di prevenzione delle popolazioni, perché mancano di informazioni sui determinanti psico-sociali, comportamentali, ambientali, lavorativi, genetici e bio-molecolari di salute; informazioni di cui invece spesso dispongono studi di epidemiologia basati su campioni di popolazione. L’integrazione tra le diverse fonti di dati, al momento frammentato in Italia, permette di realizzare un patrimonio informativo “aumentato” attraverso cui rispondere ad una sfida fondamentale per i sistemi sanitari: incrementare l’aspettativa di vita sana delle popolazioni. Nel complesso gli studi osservazionali del Centro Epimed, condotti nel territorio varesino e lombardo, coinvolgono oltre 18.000 adulti».

A supporto dell’attualità della giornata giungono i risultati di uno studio internazionale recentemente pubblicato sul New England Journal of Medicine, cui il Centro Epimed ha contribuito.

Il lavoro scientifico ha analizzato l’impatto di cinque fattori di rischio – fumo, ipertensione, colesterolo elevato, diabete e peso corporeo non nella norma – su oltre due milioni di persone in tutto il mondo, attraverso 133 studi osservazionali condotti in 39 Paesi, Italia inclusa. I risultati sono chiari: le persone che a 50 anni non presentano questi fattori di rischio non solo vivono più a lungo, ma rimangono libere da malattie cardiovascolari per molti anni in più.

«Le donne senza fattori di rischio a 50 anni sviluppano malattie cardiovascolari con un ritardo medio di 13,3 anni e muoiono 14,5 anni dopo rispetto a quelle con tutti e cinque i fattori di rischio. Per gli uomini, il guadagno è rispettivamente di 10,6 e 11,8 anni» spiega Christina Magnussen, prima autrice dello studio e deputy director presso l’University Heart and Vascular Center di Amburgo.

Tra i co-autori del lavoro anche Marco Ferrario, professore senior al Centro Epimed: «Nei Paesi occidentali, inclusa l’Italia, dove la popolazione è sempre più anziana, promuovere stili di vita che aumentino l’aspettativa di vita sana è essenziale, sia per la qualità della vita individuale sia per la sostenibilità dei servizi sanitari pubblici».

Lo studio mostra inoltre che anche adottare comportamenti più sani in età avanzata produce benefici tangibili: «Tra tutti i fattori analizzati, il controllo della pressione arteriosa è associato al maggior numero di anni di vita in buona salute aggiuntivi» afferma Stefan Blankenberg, senior author e direttore medico dell’University Heart and Vascular Center. Ad esempio, smettere di fumare o controllare l’ipertensione tra i 55 e i 60 anni porta a una vita più lunga e libera da malattie cardiovascolari, rispetto a chi non modifica il proprio stile di vita.

La giornata del 4 giugno sarà quindi l’occasione per riflettere su queste evidenze scientifiche, discutere il tema dell’integrazione tra dati sanitari con i principali stakeholders, e promuovere una cultura della prevenzione supportata da dati solidi e integrati.