Nessuno tocchi la Pro Patria. Giù le mani dalla maglia tigrotta. È il messaggio da recapitare ai giocatori del Lumezzane per le indegne e vergognose accuse verso Serafini e compagnia, tacciati di essere “venduti” durante la partita giocata sabato e vinta dai bresciani per uno a zero. Accuse che il Lumezzane ha rispedito al mittente smentendole e annunciando, attraverso un comunicato molto duro, una querela per calunnia nei confronti dell’allenatore della Pro
Patria. «Nessun nostro tesserato – recita il comunicato – si è mai permesso di assumere alcun atteggiamento irriguardoso nei confronti degli avversari e la nostra buona condotta è certificata dalla totale assenza di richiami da parte dei quattro arbitri. Invitiamo quindi l’allenatore della Pro Patria, che se intende caricare la sua squadra con questi mezzucci da Prima Repubblica, a lasciar perdere i giocatori del Lumezzane perchè a Busto non abboccheremo alle provocazioni».
Conosciamo bene Montanari e non abbiamo alcun motivo di dubitare delle sue parole. Per quanto ci riguarda, se il mister ha parlato di insulti durante la partita, quegli insulti ci sono stati.È fuori da ogni logica che giocatori di una squadra insultino i propri avversari sapendo che proprio loro non hanno colpe. Che volino insulti gratuiti e fasulli verso coloro che non hanno combinato le partite che, paradosso vuole, erano poi a danno della stessa Pro Patria. Che proprio grazie alla loro dignità e professionalità sono riusciti a compiere il miracolo di risalire dall’ultimo al quartultimo posto. Un risultato che non è stato digerito dalle parti della Val Gobbia, messo in dubbio subito dal presidente bresciano Renzo Cavagna. E da quella valle, più di uno non vuole mettere le mani sul fuoco su questa Pro Patria perché tutte le settimane, dicono, «leggevamo le dichiarazioni di Tricarico che solo pochi giorni prima della partita è stato licenziato dalla società: addirittura diceva che era contento di giocare contro il Lumezzane. Ha sempre parlato come fosse uno della società ed allora come fai a non pensare certe cose?».
Purtroppo sono state date patenti di legittimità a personaggi che non avevano titolo e dei quali ben si conosceva la patria potestà. Personaggi sempre avversati su queste colonne, lungi dall’essere contattati per conoscere sviluppi di mercato, convinti che erano espressione degli uomini-ombra, come Marco Tosi il “grande”, l’ispiratore di un comunicato stampa contro la Provincia di Varese, rea di destabilizzare quell’ambiente. C’è da esserne fieri. Sabato si torna in campo e gli insulti di Lumezzane faranno da moltiplicatore per i tigrotti.
Già le motivazioni non mancavano, a maggior ragione quel “venduti” è una damigiana di energetico per la band di mister Montanari. Probabilmente i rossoblù non vogliono sentirsi dire che la Pro Patria è la vittima di questo terremoto. Ma è colei che ha subito danni gravissimi d’immagine ed anche in classifica. Se dentro il recinto dello Speroni non avessero albergato i “cavalli di Troia”, è matematico che la squadra non sarebbe in campo giocarsi la salvezza ai playout: sarebbe già salva.
Altro che “venduti”. Calzi e soci sono invece vittime di personaggi che con un eufemismo si potrebbero definire discutibili e sui quali patron Vavassori avrebbe dovuto vigilare ed agire con maggior tempismo perché segnali e comunicazioni che Mauro Ulizio non era un esponente della Confraternita della Misericordia, gli erano arrivate in tempi non sospetti.
Al netto di colpe penali o morali, ciò che emerge è una Pro Patria appunto vittima di un sistema criminoso. Come detto, Ulizio e i suoi sodali, scommettevano a perdere, per meri guadagni personali, con la ferma volontà di fare del male alla Pro Patria. Questi tigrotti che sabato prossimo vanno in campo per conquistare una possibile salvezza in Lega Pro sarebbero dei “venduti”? Probabilmente dei “vincenti”.